Il Risorto presente e trasformante

Omelia nella Messa della Domenica di Risurrezione

Como, Cattedrale, 20 aprile 2003

 

Sullo sfondo tenebroso del male avvampa la tua chiara novità,

Signore Gesù crocifisso, morto, risorto, vivo e operante in mezzo a noi.

Il male. Il dolore senza sapere perché e a che cosa serva. Qualche impennata di entusiasmo selvaggio e la lunga depressione da cui non si capisce come uscire. La solitudine soffocata in mezzo a una folla anonima. La propensione quasi irresistibile al peccato. E il peccato: quello che sta prima di noi e che liberamente ratifichiamo. La morte, la sorellastra invidiosa che ci atterrisce, ma che è il nostro destino. La paura ossessiva della dannazione finale: non permettere, Signore, che mi separi da te. Un groviglio di sentimenti contrastanti e non districabili che cadono sotto il tuo giudizio di giustizia onniveggente e di inesausta tenerezza, se abbiamo il coraggio di aprirci al tuo perdono. Una situazione disperata, se non ti curvi su di noi: una situazione che non sappiamo nemmeno decifrare, se non davanti alla tua misericordia.

Il male. La colpa primitiva. La cattiveria dell'umanità che non può assolversi: deve essere assolta da te, Signore. E i contrasti. E le guerre. E la voracità che non è mai sazia di cose inutili e dannose. E la brama di dominio sugli altri. E gli altri sono l'inferno, ma è inferno pure l'esistere solo e sentirsi di troppo. E il montare della marea limacciosa dell'impudicizia. E il perdere il senso del male. E lo svanire nel nulla di una vita quotidiana sciupata lontano da te.

Ecco, su questo scenario disperante appari tu, Signore, che hai condotto la tua somiglianza con noi fino alla croce, fino al sepolcro sigillato,

e tutto pareva concluso in una derelizione senza scampo: organizzassimo il funerale dei nostri sogni, di noi sopravvissuti e inutili.

E invece, Signore Gesù, sei morto per amore di noi accasciati e avviliti:

il fulcro della vicenda di ogni uomo e della storia e del cosmo sei tu, risuscitato il terzo giorno e apparso a Pietro, agli undici, alle donne, a più di cinquecento fratelli che hanno potuto testimoniare l'inizio folgorante di una vita di gloria e di salvezza.

Tra tante tombe che esprimono fatalità, una è vuota: la tua, Signore, che ci dai la remissione dei peccati e la vita divina.

E tu, cominciamento della redenzione, non sei un ricordo, ma una Persona concretissima che ci accompagna ogni giorno.

Vivi nel mistero sacramentale della Chiesa e ci raggiungi nei tuoi sacramenti dove ci regali la rinascita e la misericordia e la comunione.

Signore Gesù, sei distinto da me, e tuttavia mi avvolgi, mi includi in una identità arcana che è grazia e gloria.

Finché ogni mediazione sarà superata e ti vedremo senza ostacoli, e ti ameremo e ti gusteremo con i santi e con l'universo rinnovato.

Il cristianesimo è questa esultanza sconfinata e perenne.

Già dai tempi della vita terrena,

quando invochiamo: vieni, Signore Gesù. Poi è gratitudine eterna a esprimere la quale non bastano le parole.

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