Ormai si fatica a determinare chi ha iniziato le ostilità nella guerra in atto tra America e Iraq, tra Israele e Palestina ecc. Ci si trova ingrippati anche quando si cerca di precisare in che cosa consista la guerra preventiva. Il terrorismo è guerra? Anzi, non è guerra più sleale e corrosiva di quella che si dichiarano due Stati? E il terrorismo, lungi dall’preoccuparsi di non colpire persone innocenti, non cerca proprio di creare il panico tra la popolazione innocente facendo strazio di persone ignare? Adesso, comunque, il problema consiste nel vedere se il terrorismo di una parte raggiunga la ferocità – o la sorpassi – della tortura che si consuma dall’altra parte.

         Siamo all’orrido. Ostaggi catturati. Ostaggi uccisi a sangue freddo. Prigionieri irrisi e trattati come bestie. Non è nemmeno da chiedersi da che parte stare. Semmai ci si può interrogare se ancora esista un lembo di umanità in civiltà che gareggiano a dichiararsi l’una superiore dell’altra.

         Intanto, bisognerà misurare la vastità dei fenomeni in atto. Altra cosa è la ferocia di alcuni militari esacerbati, e altra cosa è il trattamento belluino di un esercito, o quasi, che assume la violenza gratuita come stile di azione.

         A questo punto si rende ardua una valutazione. Per capire se si agisce in una democrazia o in una tirannia, esiste, però, un criterio. Occorre osservare se i colpevoli di efferatezze siano accolti come casi normali, nascosti e protetti. Oppure se i colpevoli delle altre efferatezze siano identificati, giudicati e, se colpevoli, puniti. La democrazia non assicura che i cittadini siano tutti sani e santi. Vuole, però, che, quando una persona trasgredisce la legge e ricorre a una violenza immotivata, sia castigata.

         Adesso  si è in attesa di che cosa faranno i torturatori americani – ammesso che tutto ciò che si dice e si mostra sia vero-: si impone un processo pubblico e una pena adeguata. Con tutte le attenuanti del caso, non si possono perdonare o dimenticare dei comportamenti disumani. Processo e processo pubblico. I cittadini devono sapere chi ha disonorato la Carta costituzionale che li tutela e li rende un popolo. Hanno pure il diritto di vedere la reazione del potere contro chi ha agito male. La pena – si insiste oggi – ha un innegabile carattere rieducativo. Ma forse non può dimenticare la componente riparativa del male compiuto. Senza entrare nel problema del compito punitivo.

         Staremo a vedere.

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