Omelia nella Messa di Natale

Como, Cattedrale, 25 dicembre 1999

 

Recensiamo dapprima la condizione umana dinanzi all’incarnarsi del Verbo, quale è narrata nel prologo del Vangelo secondo Giovanni. “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’han­no accolta... Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”.

Quasi a dire che secoli e millenni di preparazione non avevano reso il cuore dell’uomo desideroso e aspettante. Il peccato gravava sull’umanità: il primo pec­cato che iniziava la storia e poi la sequela di opposizione a Dio che ratificavano una situazione originale e una tendenza persistente al male.

Come oggi. Come noi. Paura di un Dio che ama e che si dona. Paura di vedersi scompigliato il proprio piccolo e tenue universo di colpa e di tristezza. Paura di lasciarsi raggiungere e salvare. Paura di vedersi spaccata la propria tronfia e dispe­rata autonomia, pur di non lasciare spazio a un Dio che, impaziente, apre anche soltanto uno spiraglio che si tiene socchiuso, ed egli spalanca e invade e intride e fa da padrone ed esige e cambia.

L’antinatale grava su di noi come una minaccia e una maledizione voluta. La pretesa che rende inutile Dio - ma non può annientarlo - è la rivolta e ancor più una perseguita e irraggiungibile indifferenza, quasi fossimo noi l’origine e il destino di noi stessi. Mentre ci ritroviamo in una solitudine insopportabile, in una disarmonia pungente nei confronti del creato e nelle opere umane - nei confronti della bellezza anche -, e tutto ci appare privo di significato e di orientamento e di valore e di vitalità.

Malinconia dell’uomo contemporaneo, che noi conosciamo assai bene: prometeismo inconcludente e buio; narcisismo che ci esalta e ci sospinge al disprezzo fino al limitare del nulla: un nulla che non possiamo raggiungere, poiché Dio ci ha fatti per l’eternità.

O più esattamente: il nostro tempo smarrito e stanco che ci schiaccerebbe come un castigo, è stato visitato dal Verbo, che l’ha redento e sublimato dalFintimo. Il Verbo di Dio, unendosi a Gesù di Nazareth, in qualche modo si è unito a ogni uomo. Egli “era presso Dio... era Dio... tutto è stato fatto per mezzo di lui... era la luce degli uomini... si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. E ancora: “egli è costituito erede su tutte le cose... per mezzo di lui Dio ha fatto il mondo... è irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza e sostiene tutto e purifica dai peccati” attraverso il suo morire e il suo risorgere: perciò “è assiso alla destra della maestà nell’alto dei cieli” ed è chiamato “Signore” delle nostre vicen­de personali e della sorte dell’umanità e del destino del cosmo, poiché si colloca nel nostro inferno e lo libera da tutti i nostri sgomenti.

La vita cambia. L’umano è assunto, sanato e trasformato nell’essere di Dio, dal momento che “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”; e noi, se lo accogliamo, “abbiamo il potere di diventare figli di Dio”; e se crediamo nel suo nome, “da Dio siamo generati: non da grumo di sangue, né da brama umana, né da brama di maschio... e vediamo la sua gloria: gloria come di Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità”.

Inizia un essere e un agire nuovi, poiché siamo in Dio e Dio è in noi. Si avvia una fraternità che segna un ritrovarsi tra santi amati dal Signore. E’ accesa una speranza che si orienta al ritorno di Cristo con la restaurazione di tutte le cose.

Forse siamo mortalmente inclini alla disperazione e alla dissoluzione, pur di non inginocchiarci e di non riconoscere la nostra dipendenza da Dio per Cristo nello Spirito. Ma non ci è dato scampo: bisogna concedere a Dio di essere Dio e di amarci e di riorientarci verso il punto omega del divenire nostro e dell’universo. Umiltà di chi “ospita Dio” e “si lascia consolare” da Dio.

Poi, sarà sua premura e sua grazia cavare meraviglie dalle nostre ottusità e dalle nostre indigenze. Come in Maria, modello e pegno di un Natale che ci rinnova, ci impegna e ci glorifica.

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