Sono note le vicende anche ultime di Eluana, la ragazza che da anni, ormai, vive uno stato vegetativo o quasi. Ieri ho riflettuto a modo di monologo, quasi amletico, sulle riflessioni del papà, il signor Englaro, nel tratto in cui accompagna la salma della figlia morta al luogo della sepoltura: una tomba? Un altare? Un angolo appartato dove si possa pregare senza vergogna e senza essere disturbati?

Suor Albina Corti, ella è la Superiora delle Suore Misericordine, che per tutto questo tempo si sono occupate di Eluana “come di una figlia”. Della ragazza parla con grande discrezione, senza pretesa di distribuire certezze e lezioni a nessuno. Nessuna crociata. Nessuna manifestazione di esultanza o di gemito.

Quattordici anni e mezzo di vita vegetativa da quando è stata accolta dalla suore. Lasciamo che si scateni la diatriba tra chi vuole togliere il sondino naso-gastrico e chi vuole, invece, che a tutti i costi questo fior di fanciulla, “una ragazza bellissima”, continui a vivere e a irraggiare freschezza e gioia.

Suor Albina, mi rivolgo a Lei e alle consorelle che sono state accanto ad Eluana, in questi tempi trepidi: in particolare mi rivolgo a Lei, Suor Rosangela, che conosceva ogni respiro di Eluana così bene da intuire all'istante qualsiasi disagio. La giornata di Suor Rosangela può essere solo letta senza commenti: “Tutte le mattine la paziente viene prelevata dal letto, lavata, messa un po' in poltrona. Quotidianamente viene portata in palestra per una fisioterapia passiva. In stanza c'è spesso la radio accesa con musica”.

Qualche volta, soprattutto se parla Lei, Suor Rosangela, Eluana muove gli occhi: nessuna parola, nessun segno univoco in questi lunghi anni bui manifestino discorsi o anche soltanto parole mozzicate.

Suor Rosangela, scorrendo la stampa di questi giorni, ha trovato qualche accenno di ringraziamento alla sua donazione silenziosa e solerte? Più facile litigare su un caso morale o su un problema teologico. Ma qui c'è una ragazza la cui vita è nelle mani di un uomo che appare deciso, ed è il padre. Riceva un grazie almeno da un lettore ignoto che si è commosso di fronte al suo gesto silenzioso, duraturo e affettuoso. Parole sue. “È arrivata da noi nel 1994, erano stati i genitori a cercarci perché era nata e il padre diceva: «Desidero che chiuda gli occhi dove è venuta alla luce». Quando ci fu chiesto di ricoverarla, nutrivamo delle riserve”. Paura degli anni di fatica che si aprivano davanti? Orrore di un'avventura senza alcun esito sicuro? No. “Pensavamo di non essere attrezzate. Ma quando la nostra infermiera e il nostro medico sono andati a visitarla nel precedente ricovero, hanno capito subito che non necessitava di null'altro rispetto alla alimentazione con il sondino”.

“Così è arrivata tra noi e in tutti questi anni non è mai stata sola: c'è una rete di relazioni intorno a lei, fatta di familiari, amici, e di noi. Spesso ad accompagnarla in giardino sono i genitori. Due amiche vengono a trovarla regolarmente...”

Ma perché, allora, si esita a parlare di questi silenti e umbratili eroismi di intere vite? Che sia soltanto il fascino del male ad attrarre l'attenzione alle notizie? Ma perché, allora, tener nascosti questi momenti di gloria fatta di donazione senza nemmeno un riconoscimento e un grazie?

Suor Albina, Suor Rosangela e Sorelle Misericordine tutte di Monza, sappiate che almeno qualcuno si è commosso e ha pianto davanti al vostro agire che è sembrato semplicemente il compimento di una mansione dell'ASL. Dove la carità e l'amore a Dio più puri non chiedono propaganda. Bisogna avere occhi attenti e cuore vigile per sapersi commuovere di fronte a questi gesti celati al mondo. “Lasciatecela qui, datela a noi, questa perla di Eluana, che nel Signore fa parte anche della nostra famiglia”. Anche di te che leggi, e che magariti sei disinteressato finora.

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