"Azouz? Ma quali scuse. Lo Stato deve punire altrimenti è finita"

Intervista a mons. Alessandro Maggiolini

 

«Sarò vescovo della diocesi ancora per quindici giorni. Poi diventerò emerito. Ho chiesto una sola cosa. L’unica cosa che ho chiesto è che mi lascino il confessionale in Duomo. Non ha idea di quanto bene faccia confessare. Bene al confessore, voglio dire». Ride della battuta. Monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo di Como e dintorni, una terra che pare percorsa dal filo sottile, insidioso di una violenza governata dalla follia. Voce autentica del cattolicesimo lombardo. Occhi acuti, severi, che non si sono mai staccati dalle pagine dove è predicata l’evangelica necessità dello «scandalo».

 

Monsignor Maggiolini, è giusto che Azouz Marzoukri volga quasi quotidianamente una richiesta di scuse?

«Sono convinto che le scuse vadano rivolte una sola volta. Presentate una volta. Accettate una volta. Il continuare a pretendere che vengano presentate, il pretenderlo quasi quotidianamente significa volersi rendere protagonista di un atto eroico o quasi dopo essere stato accusato di avere compiuto un atto bestiale. Non riesco a capire perché Azouz debba continuamente esigere questem scuse».

 

Marzouk è stato vittima di un errore fatto dalla stampa ma accreditato, almeno per qualche ora, dagli inquirenti.

«Gli inquirenti fanno il loro dovere. Possono sbagliare coloro che esercitano la giustizia così come possono sbagliare coloro che predispongono le prove per l’esercizio della giustizia. Direi che a questo punto anche gli inquirenti possono avanzare una richiesta quotidiana di scuse. Per favore, Azouz chieda scusa agli inquirenti che hanno ammesso di avere sbagliato. E non esiga altre scuse. Altrimenti si va avanti fino al giorno del Giudizio.Anzi, fino al pomeriggio del giorno del Giudizio.

 

Carlo Castagna ha perdonato agli assassini. La gente di Erba no.

«Devo dire che capisco Castagna come la gente di Erba. Per Castagna mi trovo di fronte a un uomo che ha avuto il coraggio di cavare dall’animo una parola di perdono per gli assassini. Non è che la gente di Erba non abbia perdonato. Quello che pare desiderio di vendetta, in realtà è esigenza di giustizia. Dal punto di vista cristiano perdonare non è fingere che non sia capitato niente. Altrimenti è finita. Vorrebbe dire cancellare i tribunali, le carceri. Questo non è cristianesimo.

Un agire del genere non è umano. Il perdono non è assenza. Per il cristianesimo la pena ha un significato punitivo, rieducativo, riparativo».

 

E la nostra giustizia riesce a esserlo?

«Da questo punto di vista la nostra giustizia è carente in modo spaventoso. Tutto si risolve in un cancello che si chiude, in un girare di chiavi. Dentro, il detenuto legge, dorme. Invece dovrebbe impegnarsi a riparare ciò che ha provocato. Non è giusto che uno che ammazza se la cavi con anni di ozio».

 

Vale anche per i coniugi Romano?

«Lavorino. Santo cielo».

 

I rimedi alla violenza?

«Farei due cose. Darei il potere di punizione alla società, allo Stato. La punizione non è una questione individuale. Secondo. Lo Stato non deve lasciare correre e fingere che non capiti nulla. A questo punto piombo come un bolide sull’attualità e dico che una decisione come l’indulto è un crimine contro la società e contro coloro ai quali viene applicato. Contro la società si scatena il "bellum omnium contra omnes" la guerra di tutti contro tutti come diceva Hobbes perché cadono le remore, uno può pensare che per quanto male faccia in qualche modo ne uscirà. E’ una istigazione a delinquere».

 

Nel 1998 lei denunciò i rischi di una «colonizzazione passiva», legata all’immigrazione incontrollata.

«Rimango convinto che bisognava intervenire prima per equilibrare la vicinanza di popoli, razze, culture diversi.

Adesso si deve fare quello che si riesce. La prima volta, a proposito dell’Islam, parlai con durezza perché ritenevo che si potesse ancora isolare, contenere questo ingresso, diciamo pure questa invasione. Come se esistesse un diritto all’invasione. Oggi bisogna fare i conti con la realtà. Faccio un esempio. A Ponte Chiasso due anni fa c’erano nelle scuole elementari

tredici ragazzi extracomunitari. L’anno scorso i nati extracomunitari a Ponte Chiasso sono stati il 50 per cento. La diminuzione della natalità italiana. Il lavoro. Senza essere profeta, ma non sono convinto che fra una quindicina di anni noi italiani saremo ancora la maggioranza. E stiamo attenti. Per un certo tempo gli italiani occuperanno ancora i posti dirigenziali. Poi li prenderanno gli altri. E saremo noi a fare i muratori».

 

Intolleranza. Uno dei grandi mali della nostra epoca.

«Difendo l’intolleranza. Sono contrario al cedimento di certezze di fronte ad altre certezze che non si condividono.

Anche i vescovi italiani dovrebbero avere la spina dorsale più dritta. Hanno paura a intervenire. E lasciano solo il Papa. E anche il povero Ruini rimane solo a fare la sintesi fra il niente di molti vescovi che tacciono e altri che parlano d’altro.

Ma di cosa hanno paura i vescovi? Di perdere prestigio? Ma quasi tutti lo hanno già perso. Di incontrare contrarietà teoriche? Discutano. Di non avere ragioni da contrapporre? Lo dicano. E allora la Chiesa è diventata una bocciofila, Gesù Cristo non c’entra niente. Mettiamoci tutti a difendere il lustro della Chiesa, i vestiti rossi, i rocchetti col pizzo. La gente non sa più cosa fare di queste cose. Se si vuole Christian Dior o Krizia si sa dove trovarli e sono molto più bravi. Anche la Wanda Osiris era molto più brava».

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