Meno compiti a casa?

Giorni fa su un grande giornale del Nord il ministro dell’istruzione Giuseppe Fioroni ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale occorre sfoltire la mole dei compiti da svolgere a casa: anzi, bisognerebbe addirittura togliere questa voce dei compiti domestici dai programmi delle scuole. Si legge, si studia e si scrive in classe. Dopo di che, si lascia libero gioco alla fantasia, perché i ragazzi abbiano a esprimere le loro iniziative e le loro capacità di invenzione. Rimane tutto da vedere che cosa possano fare i ragazzi lasciati a sé soli, senza la guida di un maestro e di un professore. Può essere che si sogni il paese dei balocchi dove escono le invenzioni più paradossali. Può essere che i ragazzi, lasciati a sé soli, al ritorno a casa, buttino la cartella o lo zainetto sul divano e accendano la televisione inebetendosi per delle ore. Dopo di che, non ci si impadronisce nemmeno della tavola pitagorica e dell’alfabeto.

E’ strano vedere questi mostri di competenza che dimenticano il peccato originale – in termini cristiani – o la tendenza alla acedia, come si esprime S. Tommaso.

Certo è possibile che gruppi di scolari o di studenti si coagulino attorno a progetti da attuare magari con fatica. Ma non ci si illuda soverchiamente. Il principio dell’autonomia scolastica fa sì che ogni istituto possa decidere come regolarsi. Ma è troppo facile recare paragoni con altri paesi dell’OCSE per dimostrare che i nostri ragazzi studino più di tutti. Allora, bisogna registrare come studiano e come sono aiutati a studiare. Lo studio non è mai senza fatica. E la fatica non è mai una sorta di divertimento incontrollato.

Può essere che i nostri programmi siano eccessivamente prolissi e che i libri di testo diventino come messali da far passare senza saltare una riga. Ci son sempre gli insegnanti un po’ ottusi. Ma non sembra una disgrazia il dover occupare del tempo anche a casa. Con sforzo individuale e, ancor meglio, con l’aiuto dei genitori: anche questi possono “ripassare”.

Senza aggiungere che, quando ci si propone di sfoltire i programmi di scuola, c’è sempre chi si lamenta della loro lunghezza, aggiungendo, però, che manca questo e quest’altro. Anche perché ne va del lavoro.

 

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