La redazione de Il Manifesto protesta contro il papa e la Madonna

Anche i cattolici più svagati sanno che il giorno dell’Immacolata si tiene a Roma una processione che termina con la preghiera ai piedi della colonna su cui svetta la statua della Madonna Immacolata. E’ un atto di omaggio che la popolazione di Roma e il popolo italiano rivolge a Maria santissima facendosi rappresentare dal successore di Pietro. Anche quest’anno l’otto dicembre Benedetto XVI è andato in processione a recare un omaggio alla Madonna, segno di protezione che il Signore esercita sulla nazione italiana. E fin qui nulla di strano. Semmai qualche rimbrotto per l’ostruzione del traffico per le strade della capitale.

No. Quest’anno c’è stata una novità: si è voluto collegare Maria di Nazareth, il papa e gli pseudomatrimoni che pretendono diritti senza cedere su doveri: siamo ai pacs, una sigla che ormai sta stufando e che viene ripetuta nella certezza o nella speranza che la ente si stufi e ammetta questa istituzione bislacca: bislacca ed egoistica.

Sempre a Roma, via Tomacelli 146, Il Manifesto, quotidiano comunista – il sottotitolo del giornale è proprio questo – apre le finestre della redazione e, mentre sfila la processione sulla strada, vengono lanciati centinaia di manifesti contro il papa: sono segni di propaganda a favore dei coniugi viventi more uxorio, senza matrimonio religioso e senza matrimonio civile. Insieme alla bravaccia, finché stimolo leghi o combini quasi a caso. Finché dura. Poi ciascuno andrà per la sua strada solo o peggio accompagnato e sarà subito sera.

Il gesto non pecca di originalità. Un gemito di genio lo si intuisce quando si legge, rivolto a Benedetto XVI: “lasciaci in pacs”. Nello stesso giorno, entro il prossimo 31 gennaio, il governo predisporrà un disegno di legge sulle coppie di fatto e nuovi diritti riconosciuti anche ai gay. Questa dei gay è una questione nuova, poiché la Costituzione non la riconosce: la si vuole introdurre nel broua broua delle concitazioni sul sesso.

Siamo di fronte a una puntata di umorismo finissimo. Non sembrerebbe. La battuta potrebbe essere quella di un operaio generico poco intelligente. Soprattutto se si collega con la storia del pastore tedesco attribuita a Ratzinger. Non è facile elaborare battute spiritose senza cadere nella volgarità. E questo è un caso.

E poi. Perché mai non si irridono e non si disprezzano i musulmani nerboruti e inclini ad accendersi in lizze e a distribuire botte? Prendere in giro il papa è davvero un atto di coraggio? O è il tentativo di vendere qualche copia di giornale in più?

E poi. Siamo davvero a problemi che si possono schernire. Di mezzo vi è il destino dell’uomo e il futuro dei figli.

Mi si lasci esprimere un altro appunto. Il giorno dopo il fattaccio – si fa per dire – ho cercato in diversi giornali le reazioni a questo oltraggio. O l’informazione ha taciuto di proposito, o molti preti e vescovi non si sono sentiti di emettere un belato di protesta. Ma il papa non è il capo della Chiesa? Non è il bianco Padre che da Roma ci sei mèta, luce e guida? O si ha la preoccupazione di mettersi al riparo non solo dalla violenza, ma anche dal dileggio? I pastori danno la vita per il loro gregge. Così dice il Signore. E noi?

 

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