Il vizio della corruzione, piaga di quasi tutti i paesi

Chi ha stabilito che deve essere lo Stato a insegnare a vivere, più che la Chiesa o la famiglia? La coda dell’articolo lascia intravedere una prospettiva statalistica che esclude dal lavoro educativo la famiglia ancor prima della Chiesa. Gramsci docet.

Lascio a lato il richiamo letterario a “Il Gattopardo”: un gesuita non fa Chiesa né compagnia, compiacente o ruvido che sia. Non mi vanno i discorsi universali dove si affastellano situazioni di secoli diversi e modi di pensare e di vivere generalizzati per nazioni o addirittura per continenti. Mi pare di intuire, dietro queste riflessioni, la ripresa della teoria di Max Weber, che attribuisce lo sviluppo industriale dell’Occidente ai protestanti di tipo calvinista. Una tesi, questa, che presta il fianco a più di una critica.

Ed eccoci all’assunto fondamentale dell’intervento: la Chiesa cattolica avrebbe insistito – fino all’ossessione? – sulla morale più intima, familiare e sessuale, lasciando correre le colpe riguardanti le connessioni illecite fra mondo della finanza e mondo della politica.

Dopo di che, per stare a balzi secolari, almeno dalla Rivoluzione francese a questa parte, la Chiesa si è vista spogliata di molte ricchezze: altro che  intesa con i ricchi e i potenti. Dopo di che, la Chiesa, lungo tutto il Risorgimento italiano si è vista spogliata delle proprietà più valide e caratteristiche, senza soverchi contraccambi.

Si può pensare all’epoca fascistica, senza scorgere molte camarille tra regime e cattolicesimo. Si può pensare all’epoca democristiana con Sturzo e De Gasperi: anche qui non si raccoglie troppa documentazione sul vizio della corruzione coltivato e messo in atto dalla Chiesa.

Semmai non bisognerebbe dimenticare le sovvenzioni cospicue che giungevano dall’impero russo spesso ridotto alla fame: sovvenzioni che non finivano nelle tasche dei credenti cattolici.

E siamo all’oggi. Signor Roberto Pazzi, il suo articolo è caduto in un momento infelice: a costituire connessioni illecite tra finanza e politica attualmente sono quelli che accusavano i cattolici quasi questi fossero gli unici a rubare. E si ammetta tranquillamente che il vizio richiamato è anche di cattolici. Ma non si taccia degli altri.

Quanto all’insistenza sulla morale familiare e sessuale, si tenga conto del fatto che – senza provocare nevrosi – una serietà che includa un ordine nella sessualità e l’indissolubilità nell’unione dei coniugi, non sembra guastare. Ci si guardi attorno. Purché sia insegnata insieme all’onestà degli affari, dei salari, dei prezzi ecc. La situazione culturale di oggi ci dice all’evidenza la serietà con cui viene affrontata e vissuta la famiglia: con quale vantaggio nell’educazione dei figli è da stabilire.

Tra i dieci comandamenti del Sinai, due soltanto sono ribattuti, quasi a sorpassare il Decalogo rafforzandolo in due imperativi: Non desiderare la donna d’altri, dopo aver proibito di fornicare; non desiderare la roba d’altri, dopo aver sentenziato: non rubare. Può essere che le due prescrizioni stiano o cadano insieme. Senza imbastire un discorso generale fino a diventare generico.

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