La notizia è di questi giorni, ma il fenomeno era sotto osservazione da anni. In Italia, i matrimoni celebrati con rito civile sono più numerosi di quelli celebrati con il rito religioso cattolico. Il dato globale del Paese si va sfrangiando nelle singole città e perfino nelle più piccole borgate per ricevere una conferma in loco. C’è chi esulta e c’è chi si rammarica come in una sorta di gara sportiva.

        Intanto, bisognerebbe osservare che i numeri riportati dall’indagine conoscitiva non sono omogenei. Né rappresentano l’universa popolazione inchiestata. Per esempio, va invalendo l’uso di evitare sia il sindaco sia il prete per sanzionare l’amore di un ragazzo e di una ragazza che vogliono vivere un’esperienza coniugale. Si salta a piè pari il capitolo delle cerimonie, ci si mette insieme, ci si giura amore eterno o a scadenza, si vede come procedono le cose e si rimanda la sanzione del patto coniugale. Orpelli sotto i quali si vuol raggiungere una autenticità che spesso somiglia molto alla istintualità. E poi, non è detto che i matrimoni civili siano contati tutti. Spesso vengono contati più di una volta: è il caso di divorzi a cui segue un nuovo matrimonio extrareligioso. Di contro, vanno computate anche le nozze dentro il contesto di religioni che non siano la cattolica. Viviamo o no in un’epoca di pluralità sacrale? Forse andrebbe computato anche qualche rara eccezione di giovani che rinunciano al matrimonio per dedicarsi al sacerdozio o alla vita consacrata.

        Sia come sia. Quale reazione può essere giusta di fronte a questo progressivo secolarizzarsi dell’amore umano? Vi sono pastori che di botto innestano la marcia della reprimenda, condannando la nequizia dei tempi attuali, mentre in passato ecc. Ci si può anche chiedere se nei tempi andati tutto fosse così liscio e luccicante come appariva. Ci si sposava in chiesa davvero perché si pensava al sacramento del matrimonio, vale a dire alla presenza e all’azione di Cristo nel cuore dei fedeli che in questo modo si santificavano? Mah.

        Certo, l’ideale per un pastore d’anime o per un credente tutto d’un pezzo sarebbe la totalità dei matrimoni fondati su convinzioni di fede. Ma spesso non si sceglieva il rito religioso anche – magari soprattutto – per l’abito bianco, la parata dei fiori e la marcia nuziale? Tanto vale riconoscere un gesto di lealtà. Se il Signore è uscito dall’orizzonte di comprensione e di esperienza di due sposi, non lo esibiscano, per favore, a modo di vanità. Poi vi è tutto il lavoro in positivo da compiere.

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