Non credo che si debba lottare fino al martirio per vedere inserito nella nuova Costituzione dell'Unione europea il richiamo al cristianesimo o alla dimensione religiosa. Diversa è la questione se il documento debba riferirsi in modo esplicito anche a Dio. In una mentalità di tipo americano una qualche "religione civile" non proverebbe alcuna difficoltà di fronte a tale appello di stampo illuministico o anche sacrale. Diversa è la situazione nel contesto della vecchia Europa. Del resto, non si dimentichi che la stessa Dichiarazione del Concilio Vaticano II circa la libertà religiosa proibisce ai pubblici poteri di imporre una fede anche a coloro che si professano atei: pure questi devono essere accolti e rispettati nella convivenza civile.
       Il discorso verte, invece, sulla necessità o l'opportunità di appellarsi a un dato storico - non dottrinale - riferito al cristianesimo. Si insista: in gioco non è tanto il problema se si crede - se si debba credere - o no a Gesù Cristo e alla Chiesa, ma se la cultura e il pensiero e il comportamento diffusi attualmente in Europa si possano spiegare astraendo da un influsso fattuale esercitato dal fenomeno cristiano lungo i secoli in tutte le sue espressioni: dal diritto all'arte, dalla filosofia teoretica alla morale, dal calendario agli usi alimentari, dalla concezione della donna e del matrimonio al superamento della schiavitù ecc.
       Si fa in fretta ad assicurare che un accenno a un accadimento, a una istituzione e a una tradizione religiosa va compiuto - almeno come presa d'atto - se la religione in parola è presente, vivace e incisiva anche attualmente nella società profana, mentre va taciuto in caso diverso. La cosa sembra risultare evidente. Così come potrebbe risultare evidente, a una osservazione frettolosa - cronachistica forse, più che storica -, la constatazione che il cristianesimo si pone ormai come un ricordo fioco e slavato, comunque inutile a motivare il pensiero e il comportamento attuali, e a progettare una legge di civiltà europea contemporanea e futura. Monumenti più che vita. Memorie più che iniziativa. E può essere che la novità del continente che si unisce possa venire proprio dal cristianesimo anche senza nominarlo nella Costituzione.
       Tutto può essere. E si fa in fretta. Ma se poi si sottopone ad attento esame il patrimonio della nostra cultura, allora ci si accorge che i suoi snodi più decisivi non si spiegano senza il cristianesimo. Le cattedrali. Le "Summae". L'amore ai nemici. Il concetto di persona e di dignità della persona. E si potrebbe continuare.
       Domanda: perché opporsi a un tale riferimento storico al cristianesimo? (Con tutti i torti riconosciuti e pianti dai credenti). Non, forse, per una sorta di "a priori" che sa molto di ideologismo, di dogmatismo, e di intolleranza ? A meno che alla base vi stia un anticlericalismo che, a suo modo, è religione rovesciata. Odore di muffa in una controsagrestia. Sagrestia a suo modo.
       Non sono disposto ad andare al martirio nemmeno per vedere inserito un tale dato contingente nella costituzione europea. Si può fondare un'unità di Stati perfetta anche con un laicismo furioso: magari con la leale e generosa collaborazione di credenti. E tuttavia mi chiederei il perché di tale esclusione che suona un poco accanimento e insulto storico. Anche perché - Toqueville docet - le democrazie stanno fin quando hanno un tesoro di valori umani alle spalle. Poi si rivelano tirannie o anarchie: forme di governo, cioè, che van benissimo nell'aldilà, quando saranno inutili. Non pare basti l'euro a suscitare ideali altissimi. Perché non ammetterlo?
       Spero che la svista si corregga nei prossimi capitoli della legge fondativa dell'Europa unita.

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