Più di una cronaca giornalistica, parlando del raduno anti G8 di ieri l'altro a Genova, ne qualifica i partecipanti come «i cattolici» senza distinzioni. Dunque, tutti i fedeli a Gesù Cristo e alla Chiesa di Roma dovrebbero sentirsi rappresentati da quei tre o cinquemila che hanno protestato contro i grandi della Terra, esortati anche da qualche espressione della gerarchia. E invece no. Le cose sono più articolate e più serie.
       Intanto, bisognerebbe stabilire se si tratta di italiani e di credenti di vari Paesi opulenti, oppure di cattolici di tutto il mondo. Suvvia, l'Italia, e la società affluente, non coincide con tutto il pianeta Terra. E il problema è grave; non può essere lasciato nelle mani di pochi che si autoproclamano voce della Chiesa. Chi rappresentano? Chi li ha nominati e incaricati allo scopo? L'integralismo tanto deprecato, di solito nasce così. Magari rimproverando coloro che ne prendono le distanze quasi proprio questi fossero intolleranti. L tutto da dimostrare che dalla fede cattolica derivi fondamentalisticamente il dovere morale di partecipare o di sostenere o di approvare le proteste di Genova.
       E con ciò si è operata una distinzione non lieve. Si gioca slealmente quando si identificano coloro che riluttano a cedere al gioco delle dimostrazioni anti G8: si identificano con degli affamatori, degli schiavisti, dei colonialisti dei popoli poveri. Manco per sogno. Si può volere equità e giustizia per chi è sulla - e anche sotto - soglia della sopravvivenza, e chiedere qualche chiarificazione che vada al di là degli slogan. Ci si può impegnare fino allo spasimo per la promozione del Terzo mondo e non cedere al ricatto ideologico di un anticapitalismo radicale e di un antinordoccidentalismo che sa di derivazione politica semplicistica, più che di saggia attenzione premurosa verso i popoli diseredati, per non parlare di carità cristiana. Nessuno proibisce a dei cattolici di scendere in piazza o di radunarsi in un teatro. Ma costoro non si ergano a monopolizzatori del Vangelo. E rispettino scelte diverse compiute da fratelli di fede i quali magari non sono meno desiderosi e meno impegnati in una scelta preferenziale per gli indigenti: una scelta che si traduce in una modalità forse meno approssimata, meno appariscente e meno chiassosa, e tuttavia può essere non meno efficace.
       Quanto al Papa, non lo si tiri dalla propria parte troppo in fretta e per i capelli, per favore. Il fatto che abbia approvato e incoraggiato i «moti» di Genova non significa che li canonizzi e li imponga a tutti. Conosciamo - e condividiamo - le vedute esposte dalla «Sollicitudo rei socialis» circa gli equilibri da raggiungere nella distribuzione interdipendente e solidale della ricchezza tra Nord e Sud del mondo. Conosciamo tutti la condanna del capitalismo selvaggio e dominato esclusivamente dalla brama del profitto a costo di profanare e schiacciare le persone deboli: la condanna riproposta per l'ennesima volta dalla «Centesimus annus»; ma non si può ignorare l'accettazione di una giusta economia di azienda e di mercato rispettosa dell'uomo e del bene comune pure affermata nella medesima enciclica e su scala mondiale: esattamente in vista di una più vera giustizia. Con tanto di riprovazione nei confronti dello Stato assistenziale e di forme simili di aiuto insufficiente. Ci si può sforzare di risolvere i problemi del Terzo mondo vivendo in modo austero ed essenziale; agendo in una politica alta, democraticamente, perché i governi misurino il proprio benessere anche sul metro di chi giace nella miseria: persino annunciando il Vangelo della dignità dell'uomo come figlio di Dio: l'uomo che deve investire tutte le proprie energie anche per essere sempre più se stesso, secondo la volontà del Signore, a partire innanzitutto dalle proprie capacità e non persistendo quale mendicante umiliato. Ma per ungere a tanto, non guastano analisi accurate e sforzi prolungati. C'è da chiedersi se siano davvero indispensabili e conclusive manifestazioni di massa (si fa per (lire). Grazie ai cattolici convocatisi a Genova. Anche perché hanno avuto la premura di non confondersi con possibili frange di esagitati vogliosi magari di violenza. Staremo a vedere. Non cedano, però, tali cattolici, a prospettive culturali che quasi insensibilmente possono fare a pugni con la loro fede e magari hanno smarrito punti di riferimento anche soltanto passabili. Bisogna lavorare ogni giorno per i Paesi in via di sviluppo. E il 1989 non è passato invano, ragazzi.
       P.S. Gli otto grandi che si troveranno a Genova hanno davvero tutto il potere - anche economico e finanziario - che gli si attribuisce?
       P.P.S. Si gradirebbe scorgere le guide spirituali di ieri l'altro che rimangano in Genova anche durante l'invasione, magari passeggiando nella zona gialla e nella zona rossa, se non proprio confusi tra i contestatori di prima fila.

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