Seguo la campagna elettorale con la cura di un cittadino che ha anche altro da fare. E con l'ottica culturale di cui non riesco a liberarmi: cercando, cioè, di intravedere una prospettiva antropologica e, anzi, una visione del mondo che sta sullo sfondo dei vari interventi di politici. E non si obietti che, però, in politica è finito il tempo delle ideologie eccetera, la solita tiritera non vera perché solita e perché tiritera. A ben guardare, ogni programma di governo presuppone una filosofia e quasi una fede: nascosta finché si vuole, ma reale.
       Parlo di intervento di politici. Lascio perciò da parte diverse trasmissioni televisive che si è convenuto - o imperato - di chiamare satire. A una di queste ho dedicato un quarto d'ora, ma non son riuscito ad abbozzare un sorriso. E tuttavia una concezione della vita mi è apparso di divinarla a monte: una sorta di monomania rivolta al sesso e agli escrementi. Una malattia, insomma. Poveretto.
       Interpretando i programmi, mi è parso di intravedere due schemi di concezione dell'uomo. (Semplifico molto e ne sono consapevole). In un primo schema s'immagina la persona incapace di guidarsi e bisognosa di dande: forse la si vuole anche così; bisognosa di dande per decidere che cosa sapere, come lavorare, come usare il tempo libero che magari diviene tempo schiavo e così via. Insomma, occorre lasciare il minimo di libertà possibile. E il pubblico potere s'incarica di essere un po' tutto: padre, madre, maestro, amico, benefattore e quant'altro. In un secondo schema si vuole la persona capace di inventiva e di iniziativa perciò le si chiede di esprimersi, magari temperandone tiri poco l'intraprendenza. Ovvio: con tutte le gradazioni del caso.
       Arrivo ai programmi. Che non valuto nelle minuzie. Ma, pur con tutti i settori della vita sociale con tutti i suggerimenti, con tutte le cifre che includono, tali programmi si disegnano pure come dei «sogni» che lasciano trasparire una fisionomia di convivenza civile che non può non ricondurre di nuovo all'uomo. Esempio. C'è chi insiste quasi in modo esclusivo sul fattore economico: un fatto tutt'altro che trascurabile ma forse - dico a costo di rischiare il ridicolo - occorre pure ammettere che non si vive di solo pane. Così m'incuriosisce il posto e il rilievo che hanno la tutela e la promozione della vita, la famiglia fondata sull'istituto naturale del matrimonio - o rivediamo la Costituzione? -, la salute, la scuola, l'educazione e cosucce del genere.
       Posso confidare che non ho trovato questi richiami addirittura in un discorso tenuto da un credente preoccupato più di essere à la page che di essere fedele al Vangelo al punto di dimenticare anche ciò che Ruini aveva appena richiamato? Non mi va di collocare il presidente dell'assemblea dei vescovi italiani ai tempi delle guerre puniche o di Carlo Magno. Per (lire che da un progetto politico si può risalire addirittura a una religione almeno nei suoi aspetti più preminenti.
       Va da sé che poi si attuerà, del programma, quanto si riuscirà. Ma non è senza significato mettere in primo piano diritti e doveri inalienabili della persona. Attenti al «nuovo principe» che può essere un'aggregazione politica o un governo. Attenti anche a non lasciarsi trasportare dalla pressione culturale i una società «amministrata». Che può pure diventare, a modo suo, un «nuovo principe». Mi torna alla mente uno studente che nei giorni scorsi sbuffava di disapprovazione perché la scuola gli lasciava un giorno di vacanza in più. Uffa. Voleva le lezioni. Come organizzare il tempo, sennò?
       Lungo lavoro di formazione alla democrazia, nascosto anche in interventi politici tenuti durante una campagna elettorale.

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