Esimio Ministro e chiarissimo Professore Umberto Veronesi, ormai Ella è uno di casa tra gli italiani: se non proprio un parente, è considerato almeno un vicino che si affaccia al televisore abbastanza spesso e dà consigli contegnosi e al tempo stesso bonari, un po' come farebbe un medico di famiglia.
       Questa frequentazione mi induce a ringraziarla per le indicazioni che ci ha dato e ci dà sulla mucca pazza, che non è contagiosa fino alla fine di marzo e poi non si sa, e su altre tante cose. Una sorta di bollettino quotidiano della salute: istruzioni per l'uso.
       Grazie perché, circa la pillola delle settantadue ore dopo, ha avuto il coraggio di rivedere il suo giudizio: dapprima aveva parlato di contraccettivo d'emergenza; poi - mi pare saggiamente - ha ripiegato su una sorta di possibile obiezione di coscienza come davanti a un eventuale e quasi insensibile aborto procurato.
       Grazie perché ha chiarito il pensiero sul diritto che la persona avrebbe di farsi sopprimere da un medico in caso di dolore paradossale. E vero che la vita non è diritto dello Stato. Non pare, però, un diritto nemmeno quello di farsi uccidere, che una persona vorrebbe attribuire a un'altra.
       Così Ella è giunta alla posizione di Pio XII durante gli anni '50 e della Congregazione per la Dottrina della fede degli anni '80, quando ha facilitato l'acquisto e l'uso della morfina per i malati terminali. C'è una questione che mi pare abbastanza confusa, invece, tra quelle che Ella ci va proponendo. Non arrivo a capire come riesca a concordare la campagna per la droga libera, a cui pare aderire, con la feroce campagna contro il fumo che pure sta imbastendo. Come si incastrano una nell'altra, queste due opinioni? Non sembra che sia una gran fatica, oggi in Italia, venire in possesso di qualche spinello anche da parte di ragazzetti. Ricorda? Metà degli alunni e forse dei professori - si disse - ne fanno uso. Insorse in coro a protestare gran parte della gente bene, un po' conformistica e un po' ipocrita. Ma è il destino delle frasi che esprimono fenomeni che tutti conoscono, e che, tuttavia, non devono essere ammessi in pubblico.
       Più recentemente i telegiornali hanno annunciato una sua truce intenzione di bandire dal vivere civile l'abitudine di fumare sigarette: a questo scopo, se non ho capito male, mi si assicura che Ella vuole chiamare medici per dei master affinché degli specialisti abilitino questi operatori più immediati a erudire i fumatori sul come si smette questa pratica dannosa e assurda.
       Presumo che, durante i seminari di addestramento, i medici saranno dotati di capacità e di strumenti. Letture di lastre radiografiche di polmoni di fumatori accaniti. Uso con dosi d'urto di catrame e di nicotina per creare senso di repellenza. Arte di stabilire collegamenti pavloviani per far cessare il desiderio o addirittura creare una sorta di ostilità verso questa trasgressione che colpisce il fumatore e coloro che vivono con lui. Non so quale altra diavoleria insegneranno i competenti ai medici che lavorano sul campo. Le confido che sono abbastanza scettico sulla riuscita di metodi che si giura sarebbero scientifici e infallibili.
       Le porto la mia esperienza. Non ritengo di rappresentare l'umanità dei catarrosi che inspirano il fumo del tabacco con voluttà. Mi offro come umile cavia. Anch'io ho fumato per più di vent'anni. Lo ammetto con animo contrito. Iniziai ai tempi in cui mi stavo preparando per il dottorato in teologia in Seminario e dovevo comporre nell'identica giornata un insegnamento abbastanza voluminoso con lo studio per la tesi. Marlboro prima. Poi Ms con filtro. Ero giunto a non riuscire più a stendere una riga - foglio immacolato - se non avevo tra l'indice e il medio della mano sinistra la sigaretta accesa. La destra no, poiché è la mano con cui distribuisco l'Eucaristia.
       Pentito e umiliato, devo ammettere, signor Ministro, che quando confessavo in Duomo a Milano quattro o cinque ore di seguito, non potendo avere un confessionale con il comignolo, a un certo punto uscivo, chiedevo scusa ai penitenti, e raggiungevo il sagrato dalla prima porta a sinistra guardando il Duomo, mi fumavo la sigaretta, e poi mi rimettevo devotamente al telonio. Non si stupiva nessuno. Io, sì. Ricordo una suora arguta che un giorno in cui avevo deciso di smettere, furtivamente e maliziosamente mi passò un bigliettino in cui era scritto: ho conosciuto molti che hanno smesso di fumare molte volte.
       Era vero. Il mio medico mi continuava a raccomandare di ridurre le sigarette. Un poco alla volta. Io le riducevo qualche giorno, ma poi ero daccapo. Persone amiche mi regalarono anche una cura completa - abbastanza costosa per di più - così da uscire dal vizio attraverso una denicotizzazione graduale. Macché.
       Sa quando ho smesso di fumare e perché? Ho smesso perché davo cattivo esempio - scandalo starei per dire - ai miei seminaristi, e perché ho deciso di fare tiri fioretto in onore della Madonna. Di botto, senza mezze misure. Mi sono svegliato di notte con gli incubi per dei mesi. Mi dovrei vergognare del fioretto? Non ce la faccio. Non è affare da bambini, anzi. Ormai si tratta di ricordi che si perdono nel tempo. Non fumo più, credo almeno da dieci anni.
       Aiuti i medici a insegnare che i fioretti valgono più delle terapie elaborate. Si richiede volontà decisa. Meglio ancora se sostenute da motivazioni religiose o anche umane di affetto verso le persone. II resto in gran parte è chiacchiera. Si tratta di svezzare degli adulti dai capezzoli della madre a cui sono appesi.
       Buon lavoro, Ministro.

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