Omelia nella Messa della Notte di Natale

Como, Cattedrale, 25 dicembre 1995

 

Il messaggio del Natale è presto detto: non siamo noi, con le sole nostre forze, a conoscere Dio e a salvarci.

Natale non è operazione consumistica che provoca addirittura uggia. Non è nem­meno la fabulazione di un sentimento che ci spinge, in certi momenti, a sentirci quasi consolati dei nostri sogni narcisistici. Non è neppure un sistema di idee ben articolato e di aridi sillogismi ben connessi.

Il Natale è innanzitutto un fatto, un avvenimento, un accadimento: il Verbo che si fa carne, cioè uno di noi, vive, soffre, muore sulla croce, e risorge, rimanendo in mezzo a noi ogni giorno: rimanendo come il Signore glorioso, ma al tempo stesso recando a noi le tappe della sua esistenza terrena: il suo nascere, il suo vivere fuori dalla nazione, il suo crescere nella vita nascosta, ecc.

Un fatto non va innanzitutto discusso: va accettato. Con questo di curioso: che, da una parte, il fatto del Natale non si può spiegare con la nostra povera intelligen­za e, d’altra parte, non lo si può negare.

Per accogliere Dio che viene tra noi occorre la fede che ci viene regalata dalla grazia del Signore, e la libertà di ciascuno che risponde alla chiamata di Dio.

Momenti di gioia. Momenti di tristezza. Senso di un vuoto orrendo nell’animo. Assenza di punti di riferimento nella conoscenza e nell’azione morale. Paura del dolore. Stupore dell’amicizia e dell’amore vero. Orrore della morte. E così via. Sono tutti punti di avvio che ci recano al Signore, ci fanno trovare il coraggio di confessare i nostri peccati e l’umiltà di ricevere la misericordia di Dio.

Allora ci accorgiamo che la vita cambia perché trova una pienezza e una letizia che non sappiamo giustificare da noi stessi. Allora emerge la volontà di essere fedeli alla pratica cristiana. Allora viene a galla il desiderio e l’esigenza di sentire gli altri come fratelli e di aiutarli secondo le nostre possibilità.

Auguro il vigore della conversione perché il Natale non si stemperi in un vuoto rituale perfino un poco mortificante e noioso.

Auguri di cuore. Dove l’augurio, per chi crede, è consegnare una speranza ed esprimere un’invocazione al Signore.

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