Omelia nella Messa di Natale

Como, Cattedrale, 25 dicembre 1993

 

Eccoci radunati per la celebrazione del Natale. Gli animi sono vibranti quasi di paura per non saper rispondere al dono di Dio che ci viene offerto. Gli animi sono tesi anche per la tristezza che respiriamo e il peccato che ci sentiamo addosso.

 

1. Si fa in fretta a premere il registro del tremolo e della viola e giungere subito alla degustazione della gioia festiva. Ma, se siamo leali, non possiamo fingere di non avere affanni che ci pesano sul cuore.

E la situazione sociale che si ingarbuglia e si aggroppa sempre più, così da disegnare all’orizzonte approdi incerti o angustiami.

E la famiglia che felicemente ci costringe a crescere insieme, mentre talvolta l’unione tra gli sposi avverte delle crepe quasi irreparabili, e l’educazione dei figli ci fa rimanere sgomenti davanti a libertà che non si piegano nonostante tutte le nostre premure e dedizioni.

Siamo esposti al rischio di una disoccupazione che non solo toglie sostegno al vivere nostro e dei nostri cari, ma ci umilia anche come persone dinanzi a una società la quale sembra più che perfetta, eppur ci rifiuta come intrusi: lungi dal lasciarci impegnare nel costruire una convivenza civile più giusta e più libera, ci sentiamo come messi ai margini quasi fossimo motivo di incaglio, di freno e di inutile danno.

 

2. C’è dell’altro. C’è l’orrore di fatti che appaiono incredibili nella loro brutalità e nella loro sconcezza, eppure sono gelidamente documentati e buttati in pasto a gente vorace di scandali.

Un gruppo di ragazzetti — per stare ad avvenimenti di questi giorni —: un gruppo di ragazzetti che costringono o comunque banalizzano la poesia del gesto sessuale con poco più che bambine.

Due fanciulli che ammazzano brutalmente un bimbo di due anni senza provar timore per il sangue e le grida; senza avvertire, forse, un fremito di coscienza che rimorde, al momento.

Si potrebbero spulciare episodi simili e ancor più agghiaccianti tra le pieghe della cronaca nei giorni in cui mancano le notizie ufficiali che, di solito, campeggiano in primo piano.

 

3. Si può rimanere al fatto singolo e abbandonarsi alla tiritera delle deprecazioni nei riguardi dei tempi che corrono.

Ma una domanda emerge semplice, lucida e implacabile: questi innocenti, dove e da chi hanno imparato una crudeltà che sembra di mostri? a quale scuola hanno appreso la violenza che esercitano quasi senza batter ciglio?

Sappiamo benissimo che i soliti psicologi e sociologi integrati al sistema culturale si arrampicano sugli specchi per trovare spiegazioni che esonerino da ogni colpa la famiglia carente, la società corrotta, i media innocenti — anzi catartici —, ecc.

Ma, alla fine, si riflette ponderatamente: nemmeno quindici giorni prima dell’orgia dei minori con le bimbe undicenni, uno scrittore — uno che dovrebbe saperla lunga poiché sforna un romanzo all’anno —: uno scrittore davanti a una mamma che difendeva un figlio tredicenne e un altro quindicenne perché ancora non avevano avuto rapporti sessuali e si impegnavano nello studio, nello sport, nel volontariato, ecc.: di nuovo, lo scrittore si accigliava e irrideva la madre, anzi la consigliava di far visitare i figli da uno psichiatra, poiché — diceva — vivono estranei al loro tempo. Per non parlare di programmi dove il furto, la truffa, l’uccisione, ecc. sono gli ingredienti più normali, e grandi e piccini assorbono senza accorgersi messaggi di morte.

Bisognerebbe ricordare le macine da mulino da attaccarsi al collo.

 

4. E poi ci sono i rimorsi che ci gonfiano il cuore e rumoreggiano negli scantinati dell’animo. I rimorsi dei nostri peccati.

Bisognerebbe trovare la semplicità di chi lascia venire a galla questi turbamenti per esporli a Dio così che egli ci perdoni e ci renda nuovi.

 

5. E finalmente siamo al Natale.

Le sentinelle della Chiesa alzano la voce e insieme gridano di gioia, poiché vedono con i loro occhi la venuta di Cristo che consola il suo popolo.

Egli è l’irradiazione della gloria del Padre, e impronta della sua sostanza; è colui per mezzo del quale Dio ha fatto il mondo; sostiene tutto con la potenza della sua parola; è il Figlio che Dio oggi ha generato — l’oggi eterno — il Figlio che si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi.

Sembra irreale, ma si può dire di no al Figlio di Dio che si colloca — uomo — in mezzo a noi e che, dopo la morte e la risurrezione, vuole che ci inseriamo in lui.

Sembra impossibile. E, tuttavia, è scritto a chiare lettere: egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. Tragica eventualità aperta davanti a ciascuno di noi.

E, però, se ci lasciamo raggiungere dalla purificazione dei peccati da parte di colui che si è assiso alla destra della Maestà nell’alto dei cieli; se apriamo la porta a colui che chiede di essere accolto e di credere nel suo nome per diventare figli di Dio, allora siamo generati non da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio; e ci orientiamo a vedere la sua gloria, gloria come di Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità.

 

6. Qui germina l’umiltà di chi si lascia come prendere tra le mani dalla tenerezza di Dio e portare al cuore.

I peccati ci sono rimessi dal sacramento della Penitenza che ci dona la misericordia di Dio, un’intelligenza nuova che vede le cose al modo di Cristo e una vita sorprendente che si fa avvertire come il pulsare di una gioia incomparabile.

La salvezza inizia da ciascuno di noi. Ma, se rimaniamo uniti in Cristo, se aderiamo alla Chiesa dove lo spirito ci anima e ci sospinge, allora c’è la possibilità e il dovere della santità: allora ciascuno di noi, con la testimonianza, con il martirio del sorriso può invitare il fratello a ritornare sui suoi passi per gustare la grazia e la verità; allora ciascuno di noi può reinserirsi nella società e non lasciarsi più prendere dall’orrore delle nefandezze che incontra: può avviare una convivenza più umana, riprendendo sempre daccapo, anche dopo ogni evidenza di fallimento.

 

7. Non immaginiamo il Natale fatto unicamente di sentimentalismo, quand’anche non di smancerie. Non attribuiamo il Natale soltanto al Verbo che viene e agli Angeli che gli cantano attorno. Oggi nasce l’Uomo: l’Uomo perfetto; l’unico Uomo perfetto; l’unico Uomo perfetto e irraggiungibile, ma sempre da raggiungere; l’unico Uomo che si introduce nella vita divina in uno stupore che ci rende capaci di offrire a tutti la verità e la grazia, di sforzarci in vista di un mondo più umano, più buono, più puro.

E Maria che ci dona il suo Figlio che è Dio, ci aiuti in questi nostri propositi.

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