S. Messa con i giornalisti nella festa del Santo Patrono
Como, Centro Pastorale card. Ferrari, 24 gennaio 2003

 

Nell'occorrenza della festa del nostro comune Patrono, è forse utile richiamarci alcune indicazioni operative che Francesco di Sales ha messo in evidenza con la chiarezza e l'intensità di un santo e di un genio.

Parliamo al nostro livello. Per dire che è assai più facile svolgere il mestiere del giornalista in un organo di stampa a scala nazionale o internazionale, che non in un quotidiano o un periodico a diffusione locale. I grandi mezzi di comunicazione sopportano anche il vaniloquio o le notizie abborracciate o le considerazioni più vaghe e imprecise, se non proprio errate. In un giornale o in un telegiornale cittadino o provinciale, una notizia esprime ciò di cui molti hanno già qualche informazione, e di cui almeno alcuni hanno conoscenza diretta. Così è facile e inevitabile il controllo dei fatti e la critica a chi ne ha fatto il racconto. Per questi motivi un giornalista provinciale è pronto a esser promosso direttore di una testata nazionale e oltre. Non così il contrario.

Non illudiamoci: la casta dei giornalisti non è oggi ben vista. Di solito ci accusano di pressappochismo e di insensibilità. Senza generalizzare, occorre ammettere che qualcosa di vero ci sia in queste critiche. Particolari inventati di sana pianta per dar colore a un "pezzo". Richiesta petulante perché le persone esprimano i propri sentimenti in occasioni spesso dolorose al microfono di una radio, di una televisione o al magnetofono di un operatore della carta stampata. Questo rilievo ci invita a una serietà assoluta nel raccogliere le notizie e nell'esprimerle in organi di diffusione. Ciò non significa, d'altra parte, scolorire l'intervento sul giornale: spesso la realtà supera la fantasia più accesa.

Senza dire che la gente si sta a poco a poco stufando del sensazionalismo. Si prenda il campo dei crimini. Sembra che ogni esposizione di un delitto o di un gesto di follia debba essere spiegato nei minimi particolari, insistendo morbosamente sul macabro. Come se la gente fosse per principio interessata alla violenza più feroce e gratuita. Si prenda ancora - è insistenza di questi giorni - il campo della pornografia o di qualcosa che assomigli a un maniacale interesse per una sessualità magari depravata. Mentre i fruitori comuni non vogliono le cronache gridate o spaventevoli. Chiedono che la realtà sia espressa in modo semplice ed equilibrato, senza dimenticare che la vita è fatta anche di qualche bagliore di gioia; senza dimenticare, poi, che il fascino delle persone non aumenta con il diminuire delle stoffe che le coprono.

Onestà vuole che anche i fatti concernenti la cosa pubblica vengano relazionati con il rispetto che si deve alla verità. E' troppo facile mostrarsi scandalizzati senza aver dato la parola anche a coloro che sono criticati e condannati, perché possano scolparsi, se è giusto. Qui i trucchi sono tanti. Si usa il grand'angolo anche per minuzie. Si accusano i protagonisti senza troppo badare al susseguirsi delle legislature. Si sbircia sul calendario delle attività comunali o provinciali e, in base a ciò che avverrà, si montano campagne di stampa tali da far pensare che il potere pubblico sia quasi costretto ad affrontare i temi e i problemi che già aveva stabilito di prendere in considerazione. E si potrebbe continuare.

Diciamo anche che la responsabilità del giornalista non è più grande - e nemmeno la sua fama - quando si mette da parte una certa capacità di condividere il dolore, e si espongono in piazza le miserie che già fanno molto soffrire le persone interessate. A questo proposito, prima ancora che la professionalità del giornalista, deve vigere la compassione dell'uomo nei confronti del fratello: compassione che non ha nulla di dispregiativo, ma esprime la condivisione della sofferenza.

Come si può arguire, il mestiere del giornalista può essere animato dall'atteggiamento dello spaccatutto, del fustigatore dei costumi, del savonaroliano profeta di sventure, del loquace propagatore di fatti incresciosi ecc. Può, però, tale mestiere essere al servizio di una fraternità cittadina e provinciale per cui le persone vengono tolte dalla loro solitudine e vengono poste in un contatto indiretto che magari desidera superarsi in una comunione di perdono, di comprensione, di aiuto reciproco. Così i mezzi di comunicazione di massa, quando sono usati con saggezza e bontà, possono sostituire i salotti, i ballatoi, i negozi o le sale di parrucchieria in cui ci si trova e ci si scambiano opinioni e sensazioni. Mi verrebbe la tentazione di aggiungere che i mezzi di comunicazione di massa servono anche a suscitare le domande fondamentali della vita e a risolverle insieme davanti al Signore.

Prego per tutti i giornalisti delle nostre città e dei nostri paesi perché sappiano apprezzare e svolgere con impegno e delicatezza il loro ruolo di comunicatori e di creatori di comunione. Con l'aiuto di Dio. Con la protezione del Patrono san Francesco di Sales.

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