Maria Assunta: dono, modello e speranza

Omelia nella Messa della solennità dell’Assunzione

Como, Cattedrale, 15 agosto 2003

 

Il mistero che celebriamo nella festa dell'Assunzione di Maria ci si mostra, a un tempo, eccelso e umanissimo. La Madonna, concepita senza il peccato di origine, resa dallo Spirito Madre del Verbo incarnato, associata alla croce e alla morte di Cristo, con il suo Figlio risuscitata nella gloria, vive ora per sempre in anima e corpo presso Gesù quale Onnipotenza supplice, poiché, attraverso la sua media­zione materna, riceviamo ogni luce di verità e ogni forza di grazia.

Maria è dono e destino

Se prendiamo coscienza della colpa in cui siamo immersi e siamo persi, e se misuriamo la debolezza delle nostre pallide capacità naturali, il Signore Gesù non può non apparirci come un regalo inatteso e necessario che compie la nostra esi­stenza oltre ogni invocazione. Lasciati alle nostre povere forze, non giungeremmo nemmeno a uno stadio di attuazione autonoma e umbratile: saremmo - per ipotesi impossibile - semplicemente votati alla dannazione in cui ci ha trascinato Adamo. Per ipotesi impossibile, poiché il Verbo di Dio ha preso la nostra carne e in qualche modo si è unito a ciascuno di noi: ha liberamente affrontato il morire per amore e nell'amore sconfinato del Padre è entrato nella vita di gloria come il Primogenito di molti fratelli, comunicandoci il suo Spirito. E Maria segue la sorte del Figlio risorgendo nella densità e nella opacità trasfigurata del suo corpo: Ella, la prima dei salvati, unita alla vocazione di grazia e di maestà celeste per tutti noi, Ella, il concretissimo dono di Dio che segna il nostro destino.

Anche la nostra componente materiale è chiamata allo splendore della risurre­zione. Anche il cosmo è arcanamente orientato ai cieli nuovi e alla terra nuova dove il sole farà da vestito a questa Donna e la luna fungerà da sgabello per i suoi piedi e le stelle si disporranno a corona del suo volto di Vergine, di Sposa e di Madre che ci ha dato il Salvatore. Ambiguità vertiginosa: siamo orientati a scegliere tra una perfezione e una gioia sorprendenti, da una parte, e, dall'altra, una solitudine di­sperata che non può essere voluta dalla Madre del Signore e nostra.

Maria è modello di santità

Maria non ci si impone come una costrizione o una fatalità . Si erge invece, davanti a noi come il modello - l'archetipo - del credente: un'immagine reale che tendiamo a imitare e raggiungere - finalmente -, poiché ci aspetta per recarci a Cristo.

All'inizio della nostra redenzione sta uno scegliere che ci mette i brividi e ci esalta. Il bivio della decisione ci può chiudere nella nostra autonomia fallace e disperata, oppure ci può far esistere in un incontro di fede dove possiamo conosce­re ed attuare pienamente noi stessi. Paradosso della creazione e della grazia: la mia vera ed ultima identità mi sfugge nella conoscenza, se non mi lascio raggiungere da un'attenzione che decifra il mio groviglio e mi introduce nella santità più subli­me; la mia autentica e suprema identità mi rimane estranea se non mi lascio coin­volgere in un'affezione che compie la meta sofferta e beata dei miei giorni. Sono relazione sussistente, perciò sono persona e tempio dello Spirito e membro del Corpo di Cristo e figlio del Padre: sono persona e figlio svezzato e riposante in braccio a sua Madre Maria.

Sta qui il segreto del Magnificat: non orgoglio di una meschina e fallita suffi­cienza, ma il riconoscere grato e confidente: e che davvero possiedo soltanto ciò che ho ricevuto in dono. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente: ritrovo me stes­so quando mi consegno, arreso, al mistero di Dio e da lui mi lascio condurre dove vuole, fare come desidera ed esige. La letizia del traguardo del cammino cristiano sta in questo abbandono dolce e perentorio che, per vie ignote, mi rende Fglio di Maria come il Signore Gesù sulla croce. E dopo.

Maria è speranza del nostro futuro

Il disegno ineffabile in cui siamo immersi ci può sembrare utopico e perfino irridente in certi tratti aridi e scoscesi del sentiero della vita.

Maria ci appare la profezia del nostro povero arrancare e cadere ed essere per­donati e riprendere la strada che reca alla beatitudine. Maria ci si mostra come pegno e ragione della nostra speranza. La sua santità inarrivabile e pur doverosa consiste innanzitutto nel lasciarci precedere e raggiungere e trasformare; consiste nella docilità ardimentosa di chi spera magari piangendo ma con la certezza che al termine della vita, sta un inizio continuante e sempre nuovo che sazia la fame e la sete di felicità.

E in gioco è la salvezza e la trasfigurazione di tutto il nostro essere e di tutto il nostro agire: il corpo, la psiche, l'affettività, il volere; e poi il rapporto con i fratel­li, l'uso e la contemplazione delle cose, della natura e della ricerca e dell'arte. Sia­mo materialisti più dei materialisti. Siamo impegnati nel mondo fino allo spasimo. Siamo contemplativi e gaudenti della verità e della bellezza di Dio ché si svela in Cristo.

E Maria assicura il raggiungimento del nostro fine, se permettiamo che Ella ci accompagni e ci porti.

L'Assunta ci riveli a noi stessi e ci attui con la chiarezza e il vigore del suo Figlio.

L'Assunta ci formi alla sua umiltà stupita e impegnata.

L'Assunta ci infonda la certezza di approdare alla nostra conclusione, poiché Ella è segno di consolazione e di sicura speranza della nostra vocazione ultima e prima.

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