Gesù sofferente, il Solo

Omelia nella Messa della Domenica delle Palme

Como, Cattedrale, 24 marzo 2002

Ogni volta che lo si ascolta, il racconto della passione del Signore sembra una novità. Non ci si stanca mai di stupirsi della cattiveria umana. E della solitudine che Cristo sperimenta nei momenti supremi del suo vivere. E del grande rimorso che suscita nel nostro cuore il suo morire gridante e silente.

Chi gli si fa accanto? La Madre, certo. Le donne anche. E l'uomo di Cirene costretto a portargli la croce per qualche passo. E il centurione romano che intuisce il dramma quando il dramma è consumato. E Giuseppe di Arimatea che dona la disponibilità del sepolcro.

Il resto è ingratitudine e fuga dal sacrificio che cambia e salva la storia. Giuda che lo vende (e chissà che non abbia pianto infilando la testa nel cappio). Pietro che dichiara di essere estraneo alla vicenda da cui è redento. Gli apostoli tutti che si eclissano e seguono da lontano. L'autorità giudaica e imperiale che lo condanna. La scaltrezza religiosa di un'esegesi che ha perso di vista il centro del disegno redentivo: la scaltrezza che lo consegna all'autorità maledetta eppur usata. La folla che lo osannava e che adesso grida perché sia confitto alla croce, preferendogli Barabba. I soldati che giocano con lui e lo dileggiano fin sotto il patibolo mentre rantola e urla e prega consegnandosi alla volontà del Padre.

Solitudine agghiacciante. E noi, attori di questo scempio che ci fa capire l'abisso del nostro peccato e l'abisso ancor più fondo del suo amore.

Il nostro cuore deve piangere e ravvedersi e lasciarsi perdonare e rinnovarsi. Signore Gesù, ti seguiremo lungo il cammino del tuo dolorare e spirare. Ricevendo la tua misericordia nel sacramento della riconciliazione. Partecipando al Triduo santo che apre sulla Pasqua. Donaci lacrime di pentimento e di partecipazione al tuo destino. Convertici a te, rinnovando la nostra vita di grazia. Fino alla santità consumata oltre il tempo. Con la mediazione materna di Maria.

 

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