Nel supremo atto di amore, tu rimani con noi, Signore

Omelia nella Messa in Coena Domini

Como, Cattedrale, 28 marzo 2002

 

Nella notte in cui venivi tradito: nella notte in cui stavi per tradurti – per offrirti – liberamente al Padre e ai tuoi;

nella notte in cui eri solo perché tutti ti avevano lasciato e non potevi che essere tu, senza nessun altro, a soffrire e a morire;

nella notte in cui avvertivi attorno a te unicamente paura e sospetto, eppure stavi per salvare tutti;

nella notte preparata a lungo e pur sorprendente nella sua subitanea lancinante crudeltà;

nella notte in cui aprivi il cuore ai tuoi e a coloro che avrebbero creduto in te: aprivi il cuore per consegnare le intenzioni più segrete e l’affezione più calda e così ingratamente corrisposta;

nella notte in cui avvertivi il gusto – la giocosa letizia – di essere tra gli uomini eppure ti preparavi, finalmente, a ricongiungerti al Padre, stanco e affranto tra aliti di grossolana incomprensione e di meschina malizia;

nella notte in cui ti disponevi a morire e a scendere nell’inferno del dolore e della derelezione per risorgere per primo, come nuovo e ultimo Adamo, tenendo per mano il primo Adamo e la prima Eva e tutti i santi dell’Antica Alleanza e della Nuova;

nella notte in cui sapevi di ferire e di lacerare con la spada dell’obbedienza il cuore di tua Madre  innocente e socia del tuo dolore:

in quella notte – in questa notte – capivi e condividevi come non mai la nostra fatica di vivere, e l’altezza del destino a cui siamo chiamati, e il peccato che rattrista i nostri stanchi giorni, e il flebile – quasi occulto a noi stessi – desiderio di essere con te, e il bisogno di qualche pennellata di gioia nella oscura tela della nostra vita, e un impeto di speranza che ci strappi alla nostra cupa rassegnazione e al nostro spaventevole nulla:

in quella notte – in questa notte – volevi rendere concreto il tuo essere con noi, la tua Presenza arcana, la tua indispensabile compagnia, il persistere tuo nel donarti a noi come amico e sostegno, il tuo porti accanto alle nostre sciagure, il tuo essere origine dei nostri sfuocati, tenui eppur implacabili tentativi non di salvarci ma di lasciarci raggiungere e salvare da te:

in quella notte – in questa notte – sei stato come ammaliato dalla nostra frequentazione: non perché meritassimo un cenno di attenzione, ma perché nel tuo supremo protenderti a noi con la dilezione più misteriosa – assurda, la diremmo -, ti radicassi nella nostra opaca e cattiva vicenda così da persistere come una Gratuità divina e umana che ci coinvolga in un orizzonte nuovo e sublime di esistenza redenta.

            Signore Gesù, rimani con noi

            Signore Gesù, fa che siamo con te.

            Signore Gesù, grazie.

            Signore Gesù, tutto è grazia.

            Signore Gesù, fa di noi eucaristia.

            E Maria ci educhi alla riconoscenza.

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