Epifania: contemplazione e unità con Cristo
Omelia nella Messa della Solennità dell'Epifania
Como, Cattedrale, 6 gennaio 2002
L'Epifania è un altro modo di sentire il Natale: in una contemplazione che si fa unità con Cristo, il quale si pone in noi come principio di vita e mèta del nostro divenire - del nostro pellegrinaggio - nel tempo. La luce del mistero di Dio appare e brilla su di noi. Il nostro cuore palpita e si dilata perché siamo chiamati a formare lo stesso corpo e a trasformarci nel Signore Gesù, in attesa e preparazione a che una grandissima gioia divampi nell'animo quando saremo simili a lui e lo vedremo così come egli è nel caldo e avvolgente trionfo oltre il tempo.
- Contemplazione è quando dire silenzio che apre l'animo alla imperativa e soave docenza della Verità di Dio.
Forse noi postmoderni siamo troppo inclini a screditare la dimensione veritativa della ragione e della stessa fede. Così il credere finisce per confondersi spesso con un volontarismo cieco e immotivato - "credo quia absurdum" -, con un sentimentalismo rancido e fluttuante, con la ricerca a ogni costo di consolazione al male da esistere. Mentre il Signore ci si schiude e ci si mostra nella sua vita segreta, e desta l'intelligenza umana perché stabilisca le motivazioni razionali che preparano alla libera decisione della fede, e perché ripensi in categorie umane il dato rivelato: fino al punto a cui si può giungere; fino alla presa di coscienza che Dio sta di là dalle nostre idee, e bisogna che la mente si arresti in uno stupore adorante e quasi in una passività che si lascia invadere dall'Assoluto fatto Uomo. Il cattolicesimo recupera ed esalta la conoscenza razionale in modo insospettato: chiede si abbia a capire che di Dio si può capire più ciò che egli non è, che non ciò che egli è. Il resto è amore che arriva là dove la mente si arresta. E, del resto, non esiste affermazione teoretica regalataci da Dio, che non abbia felici ripercussioni sullo stile di vita. - Unità. Sbaglieremmo, però, se riducessimo la fede a un conoscere esatto ma estraneo al nostro esistere sanguigno e bisognoso di affetto e proteso alla comunione reale con il Dio resosi uno di noi.
Già. Poiché anche la venatura emotiva è da incanalare. E la componente estetica è da coltivare e da placare. E la capacità - l'esigenza - di vibrare a un contatto concreto con il Signore Gesù è da riconoscere e da sperimentare. Ecco il credere che va oltre il sapere e diviene il gustare la compagnia di Dio. Anzi, invoca e pretende un'immedesimazione reale con Cristo: un'immedesimazione che ci fa incontrare un Vivente e un Regnante oggi e qui, motivo del nostro esserci e del nostro sperare; un'immedesimazione che ci cambia rendendoci partecipi del pensiero folgorante e compiacente e della ferma e docile volontà, e dello stile di azione del Redentore. Siamo contemplanti che quasi si fondono con il Contemplato. E ne condividiamo l'essere e il divenire di grazia. - Principio di azione. Vivere la vita di Cristo significa concederci a lui e imitarlo e seguirlo con paziente e tenace obbedienza fraterna. Egli è il Primogenito che si erge tra noi come Causa e Modello e Fine del nostro tendere alla santità. Egli è la genesi dell'obbligo e della dolce possibilità di diventare figli del Padre fino alla statura sua: di lui, nato tra noi e per noi, morto e risorto glorioso. Egli è, nel suo Spirito, la norma e la forza del nostro arrancare doloroso e lieto verso la perfezione evangelica. Nel Signore Gesù noi troviamo e attuiamo il compimento anche umano di noi stessi. Gli atteggiamenti fondamentali della nostra fisionomia soprannaturale e creaturale sono doni della sua magnificenza sorprendentemente munifica ancor prima e ancor più del nostro sforzo di imitazione di lui. Contemplare, così, significa incontrare e diventare una realtà sola con Cristo. E placare la sete di verità e di letizia. E soddisfare ogni desiderio e oltre ogni desiderio limpido e gagliardo.
- Attesa. E poi, bisogna pur fortunatamente ammettere che l'esistenza terrena è provvisoria e penultima e protesa verso una Definitività che ancora coincide con il Signore Gesù conosciuto, partecipato, imitato nelle ombre e nei limiti angusti del nostro tempo languido e impaziente, che è vigilia sofferta e trepida profezia del mondo che verrà.
Il morire. Il concludersi della storia. Il rinnovarsi dei cieli e della terra. L'Epifania è festa destinata a durare per sempre in una gloria senza tramonti. Vieni, Signore Gesù presente e celato dai veli della miseria e del peccato dell'uomo. Vieni e avvolgici con la tua onnipotenza di Risorto. Vieni e guidaci a diventare sempre più simili a te nella libera fatica e nella ineffabile gioia del nostro sforzo di perfezione. Vieni e lacera il velo e togli le mediazioni che ci tengono ancora estranei a te: finché l'esperienza beatificante della gloria eterna si concluda nella pienezza del tuo Mistero.