Un figlio. Figlio di?

 

Nasce un bimbo. Si va in Comune. Occorre registrarlo. Domanda: quale è il suo nome? E fin qui ci si può accordare, anche se rimangono a disposizione tutti i santi del calendario e altri ancora, secondo i tempi: Roma, Italia, Benito, ecc nel periodo fascista; Teddy, Kevin, Chantal, ecc nel periodo della esplosione del Festival di San Remo; Sofia, Wanda, Cristian ecc negli anni dei film western o sentimentali. La cosa inizia a complicarsi, quando l’impiegato comunale domanda il cognome del bimbo da registrare. Si mette il cognome del papà? E’ possibile, anzi è l’uso invalso finora. Si può mettere anche il cognome della mamma. E così rimane la certezza della madre, ma si annebbia l’identificazione del padre. Si può anche mettere il cognome del padre insieme a quello della madre, o viceversa. In caso di contestazione si procede per ordine alfabetico.

Così è eliminata la differenza tra figli “legittimi” e figli “naturali”: si cancellano dal codice civile queste espressioni per sostituirle con la denominazione “figlio nato nel matrimonio”. E se è nato fuori del matrimonio? L’unico legame che rimane tra i membri della famiglia è il caso di un secondo figlio a cui va attribuito lo stesso cognome del primo. Ammesso che il secondo figlio non sia figlio di un padre diverso da quello del primo. Un gran pasticcio. Il figlio a cui si è attribuito i cognomi di entrambi i genitori può trasmetterne a sua volta al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta.

Per quanto riguarda i nomi e non i cognomi, si possono moltiplicare a dismisura così da riempire una pagina del registro delle nascite.

La giustificazione di questo mutamento copernicano sarebbe la promozione della donna, la quale deve essere posta sul medesimo piano del marito. Scompare così ogni riferimento alla tradizione religiosa e culturale della nazione in quanto trasmessa dalla famiglia il cui responsabile ultimo dovrebbe il padre. O almeno puo’ scomparire. Ci si chiede perché mai non si possano usare come nomi di identificazione i numeri primi, i numeri algebrici o decimali, che sono infiniti, anche se se ne usa soltanto uno. Senza che la somma dei nomi dei figli faccia numero tondo.

Va da sé che la famiglia non sta sul cognome dei figli. E però, i cognomi servono per considerare una persona aggregata a un nucleo famigliare.

Forse sta qui l’intentio vera della legge: confondere i rapporti tra i membri del nucleo familiare e poter attribuire a chiunque qualsiasi ruolo nella casa. Non è soltanto un qualche principio di autorità che vien meno, e che pure deve esserci nella famiglia. Il fatto è che una illusoria uguaglianza di presunti diritti può creare incomprensioni e frizioni che separano e contrappongono i coniugi e rendono più difficile il lavoro educativo nei confronti dei figli.

 

 

Instagram
Powered by OrdaSoft!