Famiglia, luogo primario di educazione

 

Nei giorni scorsi sono intervenuto su queste colonne per attirare l’attenzione su due problemi di ordine educativo riferiti soprattutto ai ragazzi, agli adolescenti e ai giovani. Il primo intervento considerava l’ambiente come momento formativo riguardante l’assunzione  di sostanze eccitanti o placanti il sistema nervoso in tutto il suo articolato complesso. Il secondo intervento prendeva in considerazione il sorpasso del lavoro educativo attraverso mezzi farmacologici o simili. Non si tratta di questioni teoriche da lasciare ai libri saputi di pedagogia e psicologia. L’impegno per la formazione dei ragazzi non procede a settori, così che gli educandi possano raggiungere una maturità in un settore, rimanendo bambini e quasi irresponsabili in altri campi.

Nonostante la divisione dei settori di intervento pedagogico, l’influsso formativo non può che essere unitario. Così si dica della scuola in ordine al divertimento, del rapporto tra i vari settori di  docenza, dell’utilizzazione degli svariati strumenti da usare nella didattica ecc. Uno degli aspetti decisivi per cavare delle personalità equilibrate, dolci, austere, costanti ecc è il contesto umano in cui i ragazzi vivono l’esistenza quotidiana.

Si parta da una considerazione astratta: ci si chieda, cioè, dove i ragazzi assumono ed esprimono una certa personalità umana misurata. Di solito, a questo punto si fissa l’attenzione soprattutto sulla scuola. Il che ha molte ragioni di giustificazione. E però, se anche si osserva la vita dei ragazzi nel suo svolgersi usuale, non si può ignorare che il loro primo luogo educativo è la famiglia. Si osservi l’insegnamento del Magistero ecclesiale: la famiglia è sempre indicata come il centro dello sforzo pedagogico che occorre compiere nei confronti di chi cresce nella vita umana. Di contro, e rischiando qualche alea, ma al tempo stesso osservando l’immediatezza dell’influsso formativo di società che negano o soffocano, o limitano la libertà, si constaterà che, sul versante collettivistico o individualistico, l’attacco primo da cui si parte per scalzare una convivenza civile – ancor più se cristiana – è sempre lo sfaldamento della famiglia.

Sembra superfluo enumerare i “vulnera” che la famiglia ha subito in questi ultimo decenni o ancor prima. Aborto. Contraccezione in disparatissime forme, prima o dopo il concepimento di un bimbo ( per quanto ciò sia distinguibile dalla soppressione di vite innocenti ), i progestinici, i prodotti che interrompono l’evoluzione del feto nei primi giorni di vita e l’evoluzione – se evoluzione è – di queste limitazioni del fattore demografico ecc. Se si vuol risalire più a monte nell’opera di distruzione della famiglia, non è possibile ignorare il divorzio, le separazioni ingiustificate dei coniugi, le liti che scoppiano nei nuclei familiari per questioni di tipo economico o per l’attribuzione dei figli da educare e così via.

Qui il pericolo che si profila è quello di lasciarsi andare a una sorta di celebrazione dell’ideale familiare considerato a portata di  mano, facile, dietro l’angolo della parete di casa. La famiglia è anche luogo di conflitto: salutarmente luogo di conflitto. In essa devono misurarsi sensibilità diverse dovute all’età, al sesso, alla formazione ricevuta ecc. devono integrarsi responsabilità di lavoro, di studio, di specializzazioni. Devono concorrere  i diversi membri nel mantenimento di tutti. Richiedono un’attenzione particolare ai diversi caratteri che si misurano tra loro e devono aiutarsi. Le diverse età della vita sono chiamate ad accettarsi reciprocamente e a completarsi insieme: si pensi ai compiti propri dei genitori, dei nonni, del parentado ecc.

Così la famiglia si rivela come il luogo genetico radicale della convivenza e dell’aiuto vicendevole tra i membri. Dove ciascuno è chiamato a svolgere una missione che è indelegabile : una missione che, nel caso manchi, fa inevitabilmente scricchiolare la solidità della casa. Si ponga mente agli squilibri che si registrano nella struttura caratteriale di figli che possono riferirsi soltanto a un genitore, non avendo la possibilità di confrontarsi anche  con la dolcezza della madre e con l’austerità del padre.

Si potrebbe continuare nel mettere in luce le carenze di figli che diventano grandi in famiglie monogenitoriali ( dove la vedovanza non ha nessuna influenza ). Ne escono ragazzi che mancano spesso di punti di riferimento con cui confrontarsi: ragazzi che si mettono spasmodicamente talvolta alla ricerca di modelli di pensiero e di comportamento di cui non hanno visto esempi concreti.

Può sembrare lontano dal discorso educativo questo accenno alla famiglia. E invece talvolta non se ne coglie la rilevanza proprio per la indispensabiltà che si impone. Dopo di che, ci si lamenti dell’insistenza della Dottrina cattolica sulla famiglia. La Dottrina cattolica che recupera e trasfigura l’autenticamente umano.

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