Sgarbi responsabile della censura? Il buon senso di “Suor Letizia”

 

Per ipotesi, mettiamo che, non dico a Brera, ma a Palazzo Reale o in un sottoscala di uno scantinato di una casa in disfacimento: per ipotesi, mettiamo che, un artista, o un critico d’arte, organizzi una esposizione che costituisca vilipendio a Maometto o a qualche suo discendente, fosse pure per la lunghezza della barba sbagliata: e sbagliata senza intenzioni profanatorie. Non c’è troppo da immaginare: si può essere sicuri che gli uomini di arte più celebrati tappezzerebbero con un manifesto  enorme le mura più visibili dei palazzi milanesi. Sgarbi in primo piano. Sgarbi che non è un artista, ma un critico d’arte, e si sa che i critici sanno criticare, ma non sempre fare e nei giudizi infilano sempre delle precomprensioni dovute ad appartenenze partitiche, a risonanze della informazione ufficiale – quella che seguono tutti, specialmente coloro che non pensano troppo – dovute a rendimenti economici, dovute alla pubblicità che ci si vuol fare ecc. Si dice Sgarbi, ma può essere anche un tizio meno estroso e nevrotico: basta che si possa dire che raffigurazioni di pessimo gusto e decenza vadano contro il sentire comune.

Bisogna riconoscere un merito a Sgarbi: egli ha capito che ormai il pensiero unico a cui si allineano i lettori della stampa propagandistica, non si scandalizza più per le raffigurazioni infernali o delle anime del Purgatorio o delle orge più che boccaccesce, ma per le immagini magari un po’ sdolcinate di Santa Teresa del Bambin Gesù, di Simeone lo stilita o di Santa Gemma Galgani in una sua posa mistica. Tanto vale buttarsi sul Papa, sulla Madonna, su quella inezia che è l’immagine di Cristo. Qui non ci sarà quasi nessun mussulmano che alzerà la voce a protestare, forse si faticherà anche a trovare qualche cattolico che osi belare un flebile lamento per aver subito un oltraggio: un oltraggio che poi sembra avere la consistenza di uno spillo delle siringhe Pic.

Rimane ancora qualche sbrendolo di rispetto per chi pensa le cose e se le rappresenta in modo diverso dall’artista o dal critico che vuole essere originale?

Chissà poi perché le caricature a soggetto cristiano debbano sempre ricorrere all’inversione dei sessi. Mania? Ecolalia? Carenza di fantasia? Fatto sta che tra poco c’è da aspettarsi qualche raffigurazione di Cristo con gli slip e i raggiseni, se proprio non ci si vuole staccare dagli schemi imposti.

Un grazie sincero alla Moratti – suora o madre di famiglia numerosa che sia – la quale ha avuto il coraggio e la semplicità di difendere la gente semplice. Gli intellettuali – si sa – vogliono sempre delle stramberie. Ma è la gente semplice che vive, che lavora, che fatica, che guadagna a stento per tirare la fine del mese e ha la famiglia da tirare avanti e i figli da educare e cerca a fatica il tempo per poter riposare un poco.

Un grazie meno caloroso ai molti vescovi e sacerdoti – si contino pure le eccezioni, ma non sono troppe – che hanno scorso la notizia della mostra di Sgarbi – come molte altre – senza avere il coraggio di un gemito di sofferenza, se non proprio di protesta. Lasciamo il Papa da solo a difendersi con un manipolino di incaricati ufficiali? E la fede non c’entra proprio nulla con queste che oggettivamente sono bestemmie? Non si chiede di ripristinare l’Inquisizione, né di trasformare ogni predica in una invettiva astiosa e nevrotica contro chi si pone in conflitto con le nostre idee. Però, mio Dio, con tutto il rispetto reverenziale per il dialogo, se non si vuol giungere a ceffoni, almeno ci si tenga la libertà di dire la propria su fatti pubblici che toccano la religione. O siamo arrivati al punto che non ci interessa più nemmeno difendere il Signore Gesù, la Madonna e il Papa?

Qualcuno ricorda ancora il canto che un cattolico extra corum ci aveva insegnato quando eravamo ragazzi: era Carlo Carretto, che allora era una sorta di gendarme del Papa: “Bianco Padre che da Roma ci sei meta, luce e guida, in ciascun di noi confida; su noi tutto puoi contar; siamo arditi della fede ; siamo araldi della croce; al tuo cenno, alla tua voce, un esercito ha l’altar”: su chi può contare oggi il Papa?

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