Droga, problema educativo

 

Di droga – o di droghe, poiché ormai il problema ha assunto sfaccettature diversissime e ha richiesto specializzazioni numerose -: di droga si parla da anni. E si ha l’impressione di aver ormai detto e sentito tutto sul problema. Al più mancano esempi che raccontano revisioni di vita che spesso commuovono, o comunque lasciano meravigliati.

E’ capitato anche a me di visitare qualcuna tra le case ospitali di questi malati: anzi forse la più ampia e consistente in Italia. Si tratta di iniziative nate da intuizioni che assomigliano molto all’incontro di Francesco con il lebbroso. Il santo se la poteva cavare con una moneta lasciata cadere con degnazione. E invece, l’accostamento e il bacio dato all’infermo da evitare ha cambiato la vita al santo di Assisi.

Si entra per un cancello ampio e accogliente: se si inizia il giro quasi turistico della casa di ospitalità, si trova lo spazio per l’allevamento de cavalli, la porcilaia, i pollai, i laboratori artigianali, e tante espressioni di una vita inventiva e laboriosa.

Oggi continuano le comunità terapeutiche dei drogati, ma sembra che abbiano mutato natura e finalità.

  1. Intanto camminando per i viali e chiedendo spiegazioni, ci si interroga se queste opere sono state fatte contro la droga o per qualcosa o qualcuno. I responsabili più avveduti e sensibili non si lasciano prendere dall’impeto della condanna della “roba” nelle sue varie edizioni. Certo, si impone l’uso di terapie che gradualmente liberino da una schiavitù farmacologia che esalta in maniera mantica o abbatte in maniera debilitante come in certi case di cura che hanno quasi soltanto il fine di attutire  le scalmane di certi momenti incontrollati. Ma c’è ben altro. C’è il fatto che i ragazzi, ospiti strani e bisognosi di aiuto, chiedono soprattutto degli ideali per cui vivere.
    La droga esige innanzitutto il recupero di una serietà che impegni in un lavoro nella vita: magari non per giungere ad una laurea, ma per piegare la schiena in una fatica che alla sera prepara a dormire senza soverchi sonniferi.
  2. Non c’è esistenza che si compia senza un progetto. Non si cresce a caso.  Non si matura bighellonando da una discoteca da una discoteca a un’altra, da un gioco aleatorio a un altro, affidandosi a una fortuna che spesso tarda a venire – o non viene mai – e che comunque lascia forze vitali inespresse e sempre più afflosciate. Il cambiamento della accostarsi alla droga, si diceva. Qualche decennio fa l’impasticcato si poteva atteggiare a una sorte di eroe che butta la vita oltre il muro del buon senso e della bontà, soprattutto rinnegando – magari anche in nome di un ideale storpiato fin che si vuole – tutti gli schemi della vita banale e inventando delle stranezze che assomigliassero un poco a esibizionismi e a prove di coraggio. Oggi le cose sono cambiate in gran parte. Il drogato assomiglia meno all’Orlando Furioso e assai più all’annoiato. Una fatica enorme è l’organizzare la giornata, prima di metterla in atto: anzi, ci si rifiuta di metterla in atto e perfino di porre in fila gli impegni che si vogliono onorare. Si cammina o si corre o si ciondola all’impazzata, prendendo le cose come vengono vengono, senza interrogarsi il perché di un incontro con una persona, senza cercare un legame che meriti un impegno e una fedeltà, senza stabilire un ideale a cui tendere. E ci si ritrova tra stracci e sbadigli e urla di disperazione e  magari senza nemmeno la forza di urlare dalla disperazione: ci si chiude come in una botola, e il mondo si aggiusti; e gli altri se la cavino come riescono, violenza non esclusa.
  3. Il lavoro può essere certamente descritto come un castigo di Dio che fa emettere sudore sulla fronte e fa gridare la donna che partorisce. Ma senza un lavoro – artigianato, industria, educazione dei figli ecc – si finisce per rimanere nanerottoli afflosciati, specie di pupazzi che non si protendono a nessuna meta, e dunque finiscono per ritrovarsi vuoti non solo di ideali, ma anche di voglia di compiacersi per le opere compiute. Ciò vale per il muratore come per l’ingegnere, come per il tecnico sofisticatissimo, come per il poeta. Dimmi che cosa intendi fare da grande, e ti dirò chi sei, anche se hai tredici anni. Tutto ciò richiede fatica. Ma non bisogna meravigliarsene. Forse occorre trovare il coraggio di qualche sgridata e di qualche no di fronte a pretese capricciose, posizioni, queste,  che possono essere segni di attenzione affettuosa.
  4. Uno inizia a esistere veramente, quando si sente accettato così come è e non inquadrato in una cornicetta sdolcinata o in una sorta di inferriata feroce. Durante la strada dell’esistenza si comincia a erigersi e ad appassionarsi soltanto quando si incontra qualcuno capace di donarsi senza emettere fattura: donarsi per donarsi; donarsi perché l’altro deve cambiare, perché l’altro esiste. Uno degli ostacoli più gravi da superare per vincere la ripiegatura rassegnata su di sé e la noia che ne deriva, è la rinuncia a costruire qualcosa di nuovo e a protendersi verso un mondo migliore. La noia è una delle malattie più diffuse e più letali del nostro tempo: è una sorte di morte che fa camminare senza sapere dove si buttano i passi e poi stronca le forze e butta a terra in quella maledizione che è l’assenza di speranza. La noia è una sorta di polvere finissima e pesantissima che schiaccia ogni iniziativa e lega incatena a una sorta di stasi maledetta da cui non ci si può liberare. Ed ecco la droga.
  5. Ci si svincola dalla dipendenza dalla droga, quando si incontra qualche amico capace di capire e di contraccambiare: capace di condividere sogni e fatiche per giungere a una gioia che è comune, o non è. Guai ai soli. Attenzione, poiché si attaccano agli stupefacenti anche perché il problema che i drogati nascondono dentro è un problema affettivo. Quando tu offri loro questo amore, questi lo rifiutano, è normale: spesso perché non ne hanno mai avuto veramente, anche se ne hanno continuamente sentito parlare e lo hanno desiderato dal profondo del cuore. Non si vogliono restituire alla società persone che abbiano di nuovo bisogno di eccitanti o sedativi. Per vincere la dipendenza dalla droga è indispensabile l’amicizia e la collaborazione. Così anche il gioco diviene saporoso. Se no, inizia con regole ferree e procede a cazzotti.
    La famiglia è il luogo in cui fa sintesi tutta questa somma di esigenze e crea delle sintesi personali capaci di coesione e di iniziativa.
  6. Può sembrare un fuori tema: ma si trova il vigore per vincere la seduzione della droga soprattutto, quando, per chi ha la fortuna di credere, si prega, e si incontra il Signore Gesù che è la felicità ampia e profonda come il cielo. E occorrono valori non negoziabili su cui consumare le forze per giungere stanchi e felici alla fine della giornata e della vita. Tutto questo non è lavoro educativo?
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