In Italia: cristiani, cristiani?

 

Sulle pagine del “Il Giornale” di qualche tempo fa, veniva riportato l’esito di una indagine sull’interrogativo: noi italiani possiamo dirci ancora credenti? La ricerca è stata eseguita dalla Ferrari Nasi & Grisantelli. Ci si può limitare a riferire i numeri emersi dalla statistica. Anche se il problema della fede è assai più complesso di una serie di numeri e di percentuali. Occorre non soltanto “sapere” ciò che il cristianesimo insegna. È necessario interiorizzare le risposte che si danno e tradurle in vita. Qui i calcoli si complicano maledettamente: gente che quasi non sa nulla del catechismo, ma che coltiva una sensibilità religiosa acuta e dolce. Gente che ha divorato biblioteche di libri di teologia, ma vive come se Dio  non esistesse.

         Per semplificare le cose, stiamo ai numeri: è vero che non bisogna sapere a memoria gli articoli della Summa Teologica per essere cristiani, ma almeno gli elementi fondamentali della fede vanno conosciuti.

         Dati essenziali e impressionanti di fronte alle convinzioni anche più semplici delle formule dottrinali e delle preghiere. Chi non conosce l’essenza del cristianesimo difficilmente può cogliere la sintesi, il centro, il cuore della religione cristiana. Manca una domanda nel sondaggio: che cosa è il cristianesimo? O meglio: chi è il cristianesimo? Ebbene, nel citare il dato finale del sondaggio, solo l’8% dei battezzati evidenzia una alta conoscenza della religione cattolica: il 37,4% offre una conoscenza sufficiente. Più della metà, dunque, dei battezzati, ha una scarsa o pessima o nulla conoscenza del cristianesimo. Si tenga presente che il 25,9% degli inchiestati ha assicurato di sentirsi  molto religioso. In media i battezzati sono in grado di riferire solo tre dei comandamenti: appena il 23,6% sa che cosa significa il termine Cristo; solo il 40,8% conosce i nomi dei quattro Evangelisti. E si potrebbe continuare nella litania delle ignoranze per dire che siamo un paese di quasi analfabeti colti in fatto di cattolicesimo. Colti perché possediamo studi mediamente alti in altre materie e non possiamo negare l’ignoranza che ci pesa addosso anche negli aspetti più fondamentali della religione cattolica.

         Spiace per Benedetto Croce, il quale probabilmente conosceva un altro cristianesimo e quella prima stella intellettuale che si chiama Eugenio Scalfari, già introdotto in teologia, il quale scrisse con prosopopea che nel Vangelo non c’è traccia del Padre Nostro. Il Corriere della Sera in prima pagina confuse l’Immacolata Concezione con la Verginità di Maria.

         Gaffes che si ritrovano anche nelle scuole di alta cultura, senza sapere praticamente nulla dell’uomo che la storia ha spezzato in due: avanti e dopo Cristo. Sappiamo di tutto – si fa per dire - : politica, sociologia, economia ecc: si fa per dire perché alla fine spesso rimane una brodaglia di parole prive di senso. Come potersi disinteressare del nostro destino supremo? A chi non interessa sapere se Dio esiste o no?

     E se per noi c’è una prospettiva di eternità oppure il nulla? Strano, noi uomini contemporanei sappiamo di tutto circa la scienza e la tecnica. Ma la Chiesa non dovrebbe forse riflettere sul fatto che non si può chiedere coerenza morale a un gregge che cattolico non sembra più da un pezzo? Benedetto XVI insiste sulla non contraddizione tra la ragione e la fede. Forse anche questo sondaggio è un piccolo segnale che dimostra che gli uomini hanno bisogno di parole decisive sul proprio destino.

         Pasqua. Quasi un quarto degli italiani non sa che questo è il giorno della Risurrezione di Gesù. E poi che cosa è la Trinità? Qui i risultati sono anche peggiori: il 30,7 fa scena muta, un altro 12,4 sbaglia risposta per un totale pari al 43,1%. Siamo sinceri: la verità senza presunzione ci assicura che sdottoreggiamo tutti su ciò che della religione non sappiamo. Se il Papa sussurra sui Dico e afferma che il diavolo esiste, discettiamo con familiarità su Maria Maddalena e con Dan Brown; ipotizziamo e inventiamo chissà quali formule e ignoriamo l’unità della natura e la Trinità delle persone in Dio. Ma poi, se andiamo ai fondamenti della fede, annaspiamo. Per non parlare di morale. Sei persone su dieci, grossomodo sono attaccate alla tradizione bimillenaria, ma poi, in concreto ci smarriamo davanti a domande non insormontabili.

Tutto sommato, solo l’8,8% viene promosso a pieni voti, il 37,4% mostra una conoscenza sufficiente, l’altra metà verrebbe bocciata all’esame di catechismetto e di questo un buon 17% non sa praticamente nulla.

         La scuola suppone laureati in teologia, anche se non se la cavano davanti alle domandine della Prima Comunione. 25000 omelie domenicali dovrebbero cavare delle saggezze altissime. E invece. Chissà: se invece di parlare di buonismo e di pacifismo si ritrovasse il coraggio di dire, anche da parte dei preti, che Gesù è il Verbo Incarnato e Risorto, Salvatore di tutti gli uomini. Forse la vita sarebbe anche più allegra.

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