Il perdono per i "peccati della Chiesa"

Ieri l’altro, papa Ratzinger, nel primo giorno della sua visita in Polonia, proprio nella cattedrale di Varsavia, ha dato un colpo di pollice – o un tocco di finezza – alle notizie che nei mesi scorsi erano tornate nell’informazione con insistenza perfino monotona sulla richiesta di perdono che Giovanni Paolo II avrebbe rivolto al mondo intero – anche al passato? – per i cosiddetti “peccati della Chiesa”: le colpe, cioè, che la comunità cristiana nel suo insieme avrebbe commesso durante la sua storia contro i diritti fondamentali delle persone, soprattutto contro la libertà religiosa.

Una correzione a U? Queste semplificazioni servono per elaborare dei titoli cattivanti o per tranciare giudizi al bar o dal barbiere. Papa Ratzinger ha semplicemente ritoccato le affermazioni del suo amatissimo predecessore. Il quale, dopo qualche affermazione poco sfumata, ha distinto gli errori e le colpe dei credenti dagli errori e dalle colpe della Chiesa. Sarebbe strano che, oggi, quando si esita a chiamare a giudizio popoli interi – gli italiani nei confronti del fascismo anche negli anni del “consenso”, i tedeschi in blocco nei riguardi del nazismo, i russi nei confronti del marxismo ecc -: sarebbe strano che, quando ci si rende sempre più attenti alle sfumature che la storia presenta, si finisca poi per condannare in blocco una struttura che, per chi crede, non è formata soltanto da uomini peccatori come siamo tutti, ma è scompaginata dallo Spirito che unisce al Signore Gesù come i tralci alla vite. E poi: proprio nel periodo in cui si toglie dalla liturgia lo sgradevole accenno al “popolo deicida”, si finisca poi per identificare esattamente la Chiesa come l’aggregazione umana che lede le prerogative fondamentali delle persone: delle persone di tutto il mondo o quasi.

Benedetto XVI si è limitato a esprimere una certa uggia di fronte a una sorta di ritornello che metteva sul banco degli accusati secoli di storia cristiana. Ha invitato, invece, a deporre qualsiasi arroganza nei confronti delle generazioni precedenti – che peraltro includevano autentici santi – quasi non avessero compiuto se non nefandezze di cui vergognarsi e chiedere misericordia – a chi? - : a Dio che ha già perdonato? Ai morti che già sono nel grembo di Dio? A una sorta di entità astratta che non corrisponde per nulla alla realtà concretissima della Chiesa umana e divina?

Altro avvertimento. Bisognerà collocarsi nel tempo e nell’ambiente in cui i fatti deleteri del passato sono avvenuti a opera dei cristiani. Se no, si emettono giudizi sommari che non hanno né consistenza né precisione. Altro avvertimento. Non si potrà mai giudicare un fratello o una generazione cogliendone l’intenzione di coscienza. E soprattutto: il perdono va invocato personalmente da ciascuno di noi per quanto ha impegnato nel male la propria libertà. Non si sbaglia, né si pecca per interposta persona attribuendosene poi in modo assoluto la responsabilità.

Dunque, un cambiamento radicale nella Chiesa? Qualcosa che assomigli a una sorta di cancellazione di un dogma e di sostituzione con un altro? Manco per sogno. Anche la richiesta di perdono emessa da Giovanni Paolo II è da spiegare con l’entusiasmo e il desiderio di innocenza di quel papa. Il resto è da mettere in un contesto di pastorale e di lavoro educativo che procede per aggiustamenti continui.

La Chiesa persista nella conversione al suo Signore. Lasci a Dio il giudizio: anche il giudizio storico di vicende lontane o vicine.

Instagram
Powered by OrdaSoft!