Riemerge l’anticlericalismo in Italia?

Sembra un ricordo sbiadito quello delle diatribe risorgimentali tra Stato e Chiesa in Italia. Il Tevere largo. Le opposizioni politiche non soltanto verbali verso il cattolicesimo. Le discriminazioni nei confronti dei fedeli trattati spesso come personalità di serie B. Recentemente la situazione sembra – o sembrava – cambiata. I cattolici stessi andavano formandosi un giudizio più pacato e costruttivo. Al punto che oggi danno l’impressione di essere usciti da una certa minorità. Non più una sorta di subcultura osservata con degnazione ai margini dei gruppi intellettuali che contano, ma un soggetto culturalmente agguerrito e capace di entrare in confronto non necessariamente col tono apologetico di chi accusa chissà chi.

Ancor più recentemente – di questi giorni o di queste settimane, si può dire – non tanto su un piano di dialogo culturale alto, preciso e serio, ma al livello di polemiche giornalistiche non sublimi, sembra ritornare l’astio antiecclesiale di cui si fatica a scorgere le motivazioni. A meno che si tratti di scendere dal piedestallo di una superiorità data per scontata, ma tutta da dimostrare: e si sa che costa fare gradini in giù.

Qualche richiamo. Nessuno aspettava la débâcle che ha riservato il referendum circa la fecondazione artificiale. Sembrava che tutto andasse liscio per i presentatori e i sostenitori della correzione della 194. O almeno non ci si immaginava la diserzione massiccia che si è avuta. Poi venne la questione dei Pacs. Pure qui sembrò che la soluzione legislativa fosse a portata di mano o quasi. Invece pare si vada verso un ripiegamento che non tocchi e non nomini il matrimonio, ma si limiti a contratti legislativi tra privati. Per ora. Si vedrà più avanti lo sviluppo della faccenda: si vedrà, cioè, se l’articolo 29 della Costituzione debba essere rivisto oppure debba rimanere nella sua maestà e nella sua precisione come un punto tra i più rilevanti di sostegno della società. E’ di questi giorni la discussione circa la pillola RU684: il preparato chimico che rende l’aborto una pratica fai da te, senza nemmeno passare per le istituzioni della sanità. Dai 47 ai 54 giorni dopo l’accoppiamento si può uccidere la creaturina che la donna ha in grembo senza che nessuno sappia e si accorga. Ammesso che prevalga la gestione individuale di questa orrenda possibilità. All’orizzonte, poi, si affaccia l’eventualità di una iniezione compiuta due volte in un anno, che rende sterile la donna che si sottomette a tale pratica. Una sorta di vaccinazione contro i figli, con la piccola diversità che i figli non sono batteri o virus di un’influenza fastidiosa.

In questi giorni si sta discutendo sulla esenzione dell’ICI dagli immobili che svolgono attività di assistenza, di beneficenza, di istruzione, di educazione, di cultura, pure in forme commerciali, se connessi a finalità religiose e di culto. L’accusa parla di manovra elettorale a favore della Chiesa cattolica. Mentre i Comuni non hanno mai riscosso tali tributi.

Come si nota, nella contesa entra un po’ di tutto: dalla biologia alla neonatologia al pagamento delle tasse. Forse questa contaminazione di temi indica più un umore che il desiderio di chiarire le idee.

Gli anticlericali si rendano conto: perché non subiscano i richiami della Chiesa, devono togliere di mezzo la Chiesa. Un’operazione tentata più volte nella storia.

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