Il sinodo dei vescovi: tema e molti fuori tema

Come è noto, nel mese di ottobre si svolge a Roma un raduno di vescovi provenienti da tutto il mondo per sostenere il papa nel suo compito di magistero e di guida. I padri sono 256, rappresentanti di tutte le conferenze episcopali di tutte le  nazioni. L’argomento è l’eucaristia: una materia che dovrebbe coinvolgere tutti a un livello fondamentale della fede e della comunità cristiana; una materia che – per usare una espressione nota – è la fonte e il culmine di tutta la vita della Chiesa.

Siamo ormai a metà sinodo. Ogni giorno ai vescovi presenti è stato permesso di intervenire per un’ora – tre minuti ciascuno - su questioni non del tutto collegate con il centro della riflessione. La vicenda delle assemblee è giunta a metà strada. Ora i vescovi lavorano a gruppi per mettere in forma delle proposizioni che poi serviranno per il documento conclusivo.

Ho partecipato dal di dentro a due sinodi episcopali: nel 1974 e nel 1977. Avevo il compito di relazionare sulle discussioni ai giornalisti che attendevano le notizie. Nel ’77, mi pare, accompagnai il lavoro con la lettura di Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Il motivo? Era che avevo l’impressione di assistere a due sinodi episcopali: uno che si svolgeva in aula e un altro che veniva raccontato nell’informazione. E la dissociazione non era tutta dei cronisti: talvolta era anche di alcuni padri che forse erano più attenti alla stampa che al mistero della Chiesa.

Ed ecco l’insistenza quasi monotona su temi secondari rispetto all’eucaristia anche nel sinodo che si sta celebrando. Il papa ha deciso una bella ora di adorazione per tutti i partecipanti all’assise. Meno male. Un po’ di silenzio e di contemplazione non guasta. Anche perché, se si osserva la vulgata degli argomenti trattati, risulta che – eucaristia a parte – le insistenze maggiori sono andate a tre temi.

  1. L’eucaristia da dare ai divorziati risposati civilmente. Se il sinodo allenterà un poco la severità dei tribunali ecclesiastici nel giudicare la validità o la nullità dei matrimoni che si ritenevano sacramenti e invece erano cedimenti alla pressione sociologica e culturale dell’ambiente, non sarà un male. Ma rimane il principio che non si può ricevere il Signore che si è unito alla Chiesa quando i due sposi che ne ripetono l’immagine si sono separati e sono passati a nuove nozze.
  2. I preti sposati. Non se n’è parlato molto. Ma la curiosità al riguardo era pungente e un pochino frivola e morbosa. Dopo di che, si ode un vescovo orientale il quale ha il clero uxorato, tessere l’elogio del sacerdozio celibatario. E poi, davvero si tratta di un problema tanto grave? Col rischio di passare poi al prete divorziato e risposato?
  3. La valorizzazione delle donne nella vita della Chiesa. Forse bisognerebbe esplicitare la richiesta. Almeno nella vecchia Europa e nell’America del nord, vi sono donne che proclamano la scrittura durante la Messa, che leggono le orazioni dei fedeli, che recano le offerte all’altare per la Messa, che cantano e guidano i canti, che fanno il catechismo ai ragazzi e talvolta anche agli adulti (se ne sono capaci, ovviamente) ecc. Che altro si vuole? Si guardasse alla situazione reale, bisognerebbe mettere in atto una promozione degli uomini nella Chiesa. Si osservi: le donne sono almeno il doppio degli uomini a frequentare e a prestarsi per servizi liturgici e catechistici.

Non guasterebbe un po’ di realismo critico di fronte a ciò che si va dicendo quasi a modo di cliché.

Aspettiamo la conclusione del sinodo.

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