Sono note le vicende che hanno condotto numerosi fedeli alla manifestazione popolare perché fossero liberati i tre ostaggi che fino a ieri l’altro erano nelle mani dei terroristi irakeni. Per la verità le trattative non si sono svolte con molto garbo. Dei quattro catturati, uno era stato ucciso con due colpi d’arma da fuoco per mostrare la decisione che si voleva impegnare e il coraggio di un italiano partito ed espostosi al pericolo per lavoro. Poi venne l’imperativo: O voi italiani organizzate una sorta di omaggio e di professione di fede nei confronti dell’Iraq – di quale Iraq? -, o uccideremo i vostri prigionieri a uno a uno, scadenzando ogni quarantotto ore. Era logico che si volesse ripetere lo schema usato per i cittadini spagnoli: ritiro degli armati iberici dall’Iraq, o atti di terrorismo difficilmente immaginabili. E così fu.

         Il rischio era che si organizzasse una parata anti-americana, anti-nglese, anti-italiana, filoaraba, insomma. E qui sarebbe entrata di prepotenza la politica che avrebbe utilizzato i morti per scopi bellici o quasi. Non è che tutto sia andato per il meglio. Qualche bandiera di troppo e di troppi sbagliati colori è apparsa qua e là. Ma non si può ottener tutto dalla vita.

         Il clu della riunione era costituito da piazza S. Pietro a Roma e da una supplica al Santo Padre. La riunione c’è stata. Il Santo Padre ha consegnato al suo ministro degli esteri una preghiera per la liberazione degli ostaggi e l’invocazione della pace. Domanda: il Papa ha ceduto alle pretese degli irakeni? Non pare proprio. Pregare è mestiere del Papa. Egli ha fatto ciò che doveva fare, supplicando il Signore per i prigionieri da liberare, per tutti coloro che in questo periodo si stanno combattendo nelle zone arabe. Può essere che a una cattiva lettura il Sommo Pontefice apparisse come un orante coatto. Non lo fu. Non lo era. Poiché la preghiera non è mai rivolta contro qualcuno: si dirige al Signore perché tocchi il cuore di tutti e li converta a bontà, comprensione e aiuto reciproco. Strano: un ordine bellico suscita l’espressione più bella della spiritualità umana e cristiana: l’invocazione a Dio perché tocchi il cuore di tutti. E se qualcuno avesse voluto strumentalizzare questo momento delicatissimo, l’ha fatto a proprio torto e a propria vergogna.

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