Adesso continuerà per un poco la discussione circa l’efficacia della taglia nella identificazione e nell’assicurazione alla giustizia dei due ragazzi di Lecco che hanno ucciso il benzinaio qualche giorno fa. Lasciamo discutere. L’importante è riflettere sulla confessione del diciassettenne che si è presentato alle forze dell’ordine perché non riusciva più né a mangiare né a dormire.

Sentiremo ripetere fino alla noia che erano, tutto sommato, “bravi ragazzi”: niente smodatezze, niente eccessi di violenza, niente cose strane in fatto di sessualità: qualche pizzico di droga, ma niente di niente per il resto: “bravi ragazzi”, appunto.

Se dei “bravi ragazzi” si spingono a rubare a un distributore di benzina, scegliendo una zona buia e assaltando due persone anziane, c’è da dubitare sulla “bravura” della media dei nostri ragazzi normalissimi. Senza muovere processo al lavoro educativo delle famiglie – spesso anche un insegnamento e un esempio preclari di vita possono essere malcompresi o traditi -: rimane il fatto che non si giunge di botto a impugnare una rivoltella e a freddare una persona semplicemente perché non consegna il guadagno della giornata. E’ probabile che vada rivisto il cànone educativo che si usa. Quando si arriva a degli eccessi impensati, forse alle spalle si ha l’esperienza di disordini non rimproverati né imputati. Chissà che i nostri giovani, già dall’infanzia, non abbiano bisogno di qualche imperativo in più e di qualche no detto senza disporsi a barattare.

Nello sgomento che proviamo un po’ tutti di fronte a un diciottenne e a un diciassettenne che ammazzano un uomo che sta andando in pensione, c’è posto, forse, per qualche speranza di redenzione.

Di là da tutte le disinvolture e perfino da tutti i crimini, rimane in cuore qualcosa che assomiglia al rimorso e che si rivela come un richiamo alla bontà che si aveva nei giorni della prima comunione. Rimane il cuore. E la riflessione sulle proprie responsabilità può condurre al pentimento più sincero, alla richiesta di perdono alla moglie dell’ucciso e ai propri genitori; può condurre perfino a una preghiera che riapra l’anima alla verità e all’impegno morale.

Non disprezziamo i giovani che ci vivono accanto. Non lisciamoli come se fossero dei santi al primo pelo. Cerchiamo di ascoltarli, di capirli, di accoglierli così come sono. Soffrono. Hanno bisogno di perdono. Senza esonerarsi dalla fatica della riparazione.

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