È tradizione che i cattolici a Capodanno preghino per la pace. Giovanni Paolo II ha già reso pubblico il messaggio che sarà commentato in tutte le chiese del mondo. Senza imbastire una predica, mette forse con­to di siglare tre o quattro concetti. Anche per fare un poco giustizia di non lievi fraintendi­menti a cui è stato sottoposto il pensiero del papa.

  1. Riferendosi alla Carta fondativa dell' ONU, il Sommo Pontefice sostiene che non è mai lecita la guerra, tranne in due casi, uno dei quali è la legittima difesa da parte di uno Stato ingiustamente aggredito. Ovvio: purché la reazione non colpisca per­sone innocenti, sia proporzionata al danno ri­cevuto, abbia qualche probabilità di riuscita ecc.
  2. Circa il terrorismo, per ben due volte il papa parla del dovere che gli Stati hanno di tutelarsene anche con la forza. Nell'omelia di Natale, poi, ha esortato a una mobilitazione globale contro questa forma proditoria di vio­lenza.
    (Tra parentesi, mi sia permessa una chiosa: se il terrorismo in qualche modo è guerra, non si vede come la difesa non possa essere preventiva: insorgere a danni subiti è quanto meno problematico).
  3. Giovanni Paolo II, in vista della pace, ri­chiama una norma morale che sta prima del diritto. Richiama anche la funzione insosti­tuibile di strutture giuridiche internazionali come l'Assemblea dell'ONU e il Consiglio di Sicurezza.
    Senza tacere, tuttavia, l'inadeguatezza di tali e altre istituzioni contemporanee, spesso astratte e assai poco incisive.
  4. Perché si raggiunga la pace, occorre attua­re la giustizia. Anzi, si impone un superamen­to della stessa giustizia nell'amore perfino al nemico: un amore che non è soltanto tolleran­za, ma assai di più.
    Qui trova posto, per i credenti, la preghiera e l'impegno per una carità che non si riduca a parole.
    Un grazie sincero agli operatori di pace. I pa­cifisti, da parte loro, aiutino, per favore, a comprendere ciò che esattamente pensano. Anche per poter agire di conseguenza.
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