A questo punto sembra inutile rincorrere l'informazione progressistica (o come chiamarla per non equivocare?). In altri tempi e per altri argomenti il Papa era un signore che aveva sbagliato secolo per nascere: un tradizionalista impenitente, un testardo che non si piegava alle conquiste di civiltà, un microcefalo, un fissato: basta pensare ai confronti sulla contraccezione, sulla bomba demografica, sull'aborto, sull'eutanasia, sulla famiglia bisessuata fondata nel matrimonio indissolubile, sulla libertà di scuola e chi più ne ha più ne metta. Oggi il Papa è arruolato d'ufficio sul tema del giorno. Basta bisbigli di pregare per la pace che da certi massmedia si vede già squalificato come antiamericano, se non addirittura filo-iracheno.
       La semplificazione sembra abbia ormai raggiunto anche ambienti muniti di qualche capacità critica. Perfino settori di cattolici che non si scomodano troppo a documentarsi di prima mano: vivono di documentazione di riporto, manipolata e sloganistica: si sono schierati e adesso vogliono avere ragione a ogni costo. Se poi il Papa dice altro, peggio per il Papa.
       Il disagio prende anche credenti sinceri che si vedono costretti perfino a distinguere tra infallibilità dottrinale e infallibilità storico-politica del romano pontefice. È il caso? Non si scomodi troppo in fretta l'infallibilità del magistero ecclesiale per non coprire di autorevolezza divina e compiuta giudizi di opportunità che presentano quasi sempre margini di opinabilità. Si è detto fino alla noia che Giovanni Paolo II è pacificatore, non pacifista per principio e senza eccezioni. Del resto, per togliersi la fantasia di un Papa manifestaiolo, si rifletta sul fatto che proprio il 25 ultimo scorso, quando sembrava approvare le manifestazioni pacifiste, egli, condannando la guerra come strumento di risoluzione delle contese tra gli Stati, aggiungeva: «Fatta salva la liceità della difesa contro l'aggressore». Ideologia di una pace perfetta ed eterna, questa?
       Sarebbe, poi, interessante segnalare qualche censura papale contro il solo Irak o la sola America. Questa censura non esiste, per quanto si scavi tra le prese di posizione e si stiracchino i testi. Giovanni Paolo II non si colloca in una sola parte del conflitto. È contro il conflitto e basta. E oggi si può discettare all'infinito sulla peccaminosità della guerra preventiva: se il 10 settembre 2001 si fosse saputo e provveduto contro gli aerei del giorno dopo contro le Torri Gemelle, quale tipo di guerra sarebbe stata?
       Forse si ha più di una ragione quando si sostiene che il papa pensa con trepidazione ai cattolici in Irak, attorniati da musulmani per ora tolleranti. Forse occorrerebbe sostenere che egli teme anche un allargamento della guerra che coinvolga gran parte del mondo islamico.
       Ma soprattutto va affermato a chiare lettere che Giovanni Paolo II non può tacitare il Vangelo né dimenticare l'esperienza della guerra che egli ha provato sulla propria pelle: è ciò che ha detto due domeniche fa, levando un dito ammonitore.
       E già che ci si è, non si mettano in parentesi le almeno altre trentaquattro guerre che scuotono il mondo. O la pace è diventata oggetto di propaganda politica? Il rispetto per i morti. Almeno il rispetto per i morti.

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