Dove non porta mai un pacifismo a oltranza! Ecco che in questi giorni un ex prete fa scalpore nell'informazione perché non vuole più accettare i brani violenti dell'Antico Testamento - ce ne sono, ce ne sono, e di terribili -, ma soprattutto rifiuta, sempre in nome del pacifismo, l'esistenza dell'inferno. In proposito afferma: «L'inferno è questo mondo governato dai potenti criminali, gli unici veri diavoli, ogni giorno in tv a terrorizzarci e chiedere adorazione. Se le religioni non maledicono questo inferno, ne sono parte esse stesse, come diavoli».
       La citazione non presenta un'opinione molto originale. Di più: lascia intendere che i pacifisti sono angeli in questo mondo bislacco e perverso. Sia chiaro, le cose vanno così in questo mondo terrestre, poiché di là dal tempo si salvano tutti, ma proprio tutti: anche i più spietati. Ecco la posizione dell'ex prete pacifista: «Dio al momento della morte dei potenti brucerà la loro superbia e i delitti, facendoli ardere come grattacieli polverizzati, e dalle loro ceneri puzzolenti farà uscire piccole anime umiliate e così risanate e salvate». Le due Torri abbattute l'11 settembre 2001 «sono il segno di rivelazione... e noi che ci crediamo buoni impareremo ad amare i nemici, e non tanto i nostri piccolissimi nemici personali o di gruppo, quanto i nemici dell'umanità e di Dio, i tiranni e imperatori di ieri e di oggi, e i ridicoli tirannelli e vassalli eletti democraticamente da popoli narcotizzati». 'Sta gentaglia, fino al giudizio finale, potrà essere odiata? Mah! Purché siano americani, forse.
       Che dire. Che Gesù non risponde mai alla curiosità di chi lo interroga se ci sono o no dannati nell'inferno, e quanti sono, almeno percentualmente rispetto agli uomini che vengono al mondo, e chi sono almeno esemplificativamente. Una volta insegna che è stretta la strada che porta alla salvezza e larga quella che porta alla dannazione. Un'altra volta sostiene che non è venuto per i giusti, ma per i peccatori. E allora? Sarà bene rispettare la zona di mistero che il Signore delimita e non intende svelarci. Possiamo sperare che tutti si salvino. Non possiamo sapere che tutti si salvino. L'inferno è una possibilità reale. E la Chiesa indica i santi, ma tace sui dannati. Purché ciascuno di noi ammetta, con timore e tremore, che la disperazione finale sia destino possibile anche per lui.
       Purché, ancora, non si immagini un Dio stravagante e un poco sadico il quale si diverta a tormentare coloro che hanno voluto rifiutare il suo perdono. A motivare l'inferno non è qualche cattiveria e vendetta di Dio. E la nostra libertà che si può ergere di fronte alla sua giustizia che si manifesta nella misericordia. Possiamo contrastare o dribblare la tenerezza di Dio che ci fa nuovi e innocenti dopo ogni nefandezza, dopo ogni crimine. Non possiamo imporre a Dio di non essere tenerezza e bontà. In fondo, l'inferno deve stare anche per giustificare la nostra dignità di persone libere che possono scegliere la derelizione o la gloria, magari dopo una acuta e lunga sofferenza. Dà la vertigine una tale libertà finita che ci fa capaci di odio o di amore: fino al pianto e allo stridore dei denti, o alla beatitudine senza limite e senza fine. Ma guai se rinunciassimo alla nostra attitudine a decidere il nostro futuro eterno. Saremmo zimbelli nelle mani di un fato anonimo contro il quale non riusciremmo nemmeno a ribellarci. E il paradiso, in questa ipotesi buonistica, sarebbe un'accozzaglia di imbecilli. Ci salveremmo perché non saremmo stati capaci di dannarci. Quale gusto ci sarebbe!
       Meglio riprenderci la nostra responsabilità. Noi non possediamo, come l'ex prete «l'etica originaria della pace che può giudicare tutte le religioni... grazie alla irresistibile coscienza che Dio ci dà del bene e del male»; siamo ciecuzienti e sordastri anche quando Dio si rivolge all'umanità in Cristo. Teniamoci l'arcano e la voglia di riparare il male compiuto se Dio ci condonerà la pena, dovremmo perdonarlo della sua benevolenza. Altro che pacifismo applicato a una teologia fatta a spanne.

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