Nella «nota dottrinale» circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita pubblica, pubblicata il 15 corrente mese dalla Congregazione per la dottrina della fede, viene affrontato con particolare attenzione il tema della laicità: una qualifica, questa, che - si passi il bisticcio terminologico - accomuna laici e cattolici. Il paradosso non è poi tanto bizzarro: i credenti di oggi non possono non essere laici nella convivenza civile dal momento che la Chiesa vede nella laicità un valore impreteribile.

  1. Le esigenze etiche radicate nell'essere umano non cessano di essere laiche per il fatto che sono proposte anche da una religione. Può sembrare strano il rilievo: spesso, invece di stimare una fede come preziosa perché include anche delle indicazioni morali universali, si è inclini a rifiutare tali orientamenti perché si sospetta che siano «confessionali». La mentalità italiana paga qui lo scotto di un lungo e pertinace sospetto nei confronti del cattolicesimo, quasi fossimo ancora in una regione di cristianità ormai superata da tempo.
  2. Il richiamo alla sfera morale esige la fondazione del rispetto e dello sviluppo della persona e della società in una norma che si dia con l'umanità stessa dell'uomo. Se così non fosse, si aprirebbe la strada a un'anarchia morale che non potrebbe mai identificarsi con nessuna forma di legittimo pluralismo. La sopraffazione del più forte sul debole sarebbe la conseguenza logica di questa impostazione. E' quanto il Papa ripeteva anche nella recente visita a Montecitorio: dove non c'è legge che valga prima delle leggi, un positivismo giuridico incontrollato potrebbe portare a conseguenze nefaste quali in più di un caso si sono verificate nel secolo appena trascorso. Si richiamino il nazismo e il socialismo reale. Si richiamino anche la dottrina della sicurezza nazionale e un certo dominio economico mortificante.
  3. La laicità non ha nulla a che vedere con il confessionalismo o con l'ideologismo che si esprime in intolleranza. Essa va intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica, ma non da quella morale.
  4. Laicità significa pure che non devono essere accettate le situazioni in cui una norma specificatamente religiosa diviene o tende a divenire legge dello Stato, senza che si tenga in debito conto la distinzione tra le competenze della religione e quelle della società politica. Identificare la legge religiosa con quella civile può effettivamente soffocare la libertà religiosa e, perfino, limitare o negare altri inalienabili diritti umani. A questo punto, visto che il cristianesimo - magari a fatica - ha fatto proprio il principio della libertà religiosa, ci si può chiedere a quale situazione determinata si applichi un tale principio. Dove si scorge il pericolo di imporre leggi religiose alla società profana.
  5. Il pluralismo culturale che caratterizza la laicità non esonera, anzi sospinge, a identificare la legge naturale che s'impone e che libera tutti da soprusi. Il confronto nella ricerca della verità è valore democratico, non lo è un relativismo ambiguo e rischioso.
  6. Associazioni od organizzazioni di ispirazione cattolica non possono dare sostegno a forze e movimenti politici che anche su questioni etiche fondamentali esprimono posizioni contrarie alla legge naturale. Ci si può interrogare: a chi pensa la «nota» vaticana?
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