Domani il Papa sarà a Montecitorio, dove parlerà alle Camere riunite. Dopo la cittadinanza onoraria di Roma ricevuta dalle mani del sindaco Veltroni il 31 ottobre ultimo scorso, i politici sono riusciti ad averlo anche nel santuario del potere legislativo. I sentimenti più immediati fanno pensare a una sorta di rivalsa dopo la presa di Porta Pia il 20 settembre 1870 e la caduta del potere temporale. Non è così. Il Papa è invitato nel palazzo dove i suoi predecessori tenevano il Tribunale di Curia. Ora è ospite. Con un solo precedente estero: una visita e un discorso alla sede del Parlamento nazionale in Polonia. L'informazione è impaziente di avere almeno il canovaccio dell'intervento papale. Ma è azzardato avanzare previsioni con un personaggio come Giovanni Paolo II.
       Si possono esprimere degli auguri a senatori e deputati?

  1. Giovanni Paolo Il viene come rappresentante del cattolicesimo, per chi crede; viene però anche come espressione di una storia di cultura e di civiltà e quale autorità morale per il mondo intero. Partendo dal centro di ogni città italiana e muovendo cento passi in qualsiasi direzione, non si riesce ad evitare un'allusione - almeno un'allusione - al fatto cristiano. Per quanto i cattolici si siano impegnati a denigrarsi e a invocare perdono a dritta e a manca, rimane vero che alcuni valori fondamentali della nostra cultura sono di origine cristiana: il concetto di dignità della persona, il superamento della schiavitù, la dignità della donna, eccetera. Per non parlare di letteratura, di architettura, di pittura, di musica e così via.
    E poi, ci si può stizzire di fronte alla Chiesa che non si accorda quasi mai con la morale - se tale è - praticata, ma leva sempre la voce a difendere i cardini della perfezione umana e della vita sociale: si pensi alla stabilità della famiglia, al rispetto dovuto al bambino, all'esigenza di giustizia, alla virtù della laboriosità, eccetera. Quella che può apparire petulanza, in realtà è un colpo d'ala perché non si cada nella dissoluzione e nella violenza di ciascuno contro tutti.
  2. La gente vorrebbe i propri rappresentanti con un abito adeguato alla circostanza e con un comportamento corretto. Può essere che la tv trasmetta la diretta, dove ne abbiamo viste di tutti i colori: botte nell'emiciclo, insulti triviali, urla, cartelli di protesta, eccetera. E invece la democrazia chiede un aplomb perfetto e la voce perfino vellutata: chiede ragioni, cioè, e il voto. Un voto per ciascuno. Vince la maggioranza. La minoranza deve saper perdere, fino a quando il popolo si esprimerà diversamente. Sembra di richiamare delle ovvietà, mentre ovvietà non sono, specialmente in tempi recenti. Se lo ricordino i nostri legislatori per il futuro, anche quando non ci sarà il Papa tra loro. La democrazia non è fondata sulle sceneggiate parlamentari.
  3. È da immaginare che il Papa non arrivi a Montecitorio per imbastire un predicozzo devoto. Volerà alto, ma - si può essere certi - sarà concretissimo. E si porrà su un piano di confronto umano che la fede non nega né trascura, ma recupera, sana e perfeziona. Lo si chiami legge naturale. Lo si chiami personalismo comunitario. Comunque, è il diritto delle genti e la preziosità dell'uomo.
    Non ci si adonti se Giovanni Paolo II parlerà di tutela della famiglia fondata sul matrimonio, sulla tutela della vita nascente e calante, sulla effettiva libertà di educazione e così via. Un Papa che - chiamato - entra nel Parlamento italiano è l'abbandono reciso di ogni clericalismo e di ogni anticlericalismo. E chissà che non susciti qualche inquietudine in chi ha voluto l'esistenza di piccoli innocenti affidata per legge allo Stato, alla madre, o a chi se ne sente incomodato. Non è che un esempio.
    Guitton, a chi gli domandava un modello di laicità contemporanea, indicava Giovanni Paolo Il. Laicità nel cuore della decisione di credere.
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