Abbozziamo il quadretto. 29 giugno. Una motonave scorre sul Danubio. Non si sa se il fiume fosse blu, né se a bordo un'orchestra suonasse Strauss. Un vescovo scismatico argentino, Romulo Antonio Braschi, fondatore della «Chiesa carismatica di Gesù Re», esegue i riti dell'ordinazione sacerdotale. E fin qui poco male: un po' di folclore; le rive del fiume riservano paesaggi molli e solenni a ogni ansa; con gli happening cui ci ha abituati l'applicazione della riforma liturgica dopo il Concilio Vaticano Secondo, la cosa è sopportabile. Anche per i cattolici. Se non fosse per il fatto che i consacrati preti sono delle consacrate pretesse. Sette signore in cerca di promozione della donna e di democrazia nella Chiesa: quattro tedesche, due austriache e un'americana. Niente notificazione dell'età, che diamine. Neanche un uomo: si poteva far qualcosa in questo senso almeno per via della par condicio. No. Alle donne il compito della rivalsa: un gineceo dopo sacrestie stipate di maschiacci. Per completezza. Richiamandosi alla lettera apostolicaOrdinatio sacerdotalis del 22 maggio 1994 - un documento che intende impegnare l'infallibilità del Papa -, il cardinal Ratzinger ha dichiarato inesistente la consacrazione. Come dir Messa con una meringata e una gazzosa. Si è giocato agli altarini, insomma, sul Danubio. Non solo: il prefetto dell'ex Sant'Uffizio ha dato tempo al vescovo disobbediente e alle sette contestatrici devote fino al 22 luglio per convertirsi e chiedere perdono dello scandalo provocato. Dopo di che, scatta la scomunica dal momento che «l'avvenuta ordinazione sacerdotale è la simulazione di un sacramento e costituisce un grave delitto contro la Costituzione e contro l'unità della Chiesa». C'è da presumere che tale scomunica non turberà più di tanto gli interessati. Bisogna avere una convinzione cattolica retta per credere a questi provvedimenti (e non è in discussione la sincerità di nessuno: una cosa è la buona fede, altra cosa è la fede).
       Fuori dagli scherzi. Qui, solitamente, si attacca la tiritera del maschilismo imperante nella Chiesa, dell'incapacità che il Cattolicesimo avrebbe di adattarsi ai cambiamenti culturali, della intransigente discriminazione sessuale antifemministica, eccetera.
       Che cosa rispondere in un articolo di giornale?

  1. Che la donna spesso sopravanza i preti, i vescovi e il Papa, quanto a santità, la quale è poi l'unica onorificenza che conti. Strano: il Vangelo non sa più che cosa narrare per mettere in cattiva luce gli apostoli: Giuda tradisce, Pietro mente, i «figli del Tuono» sgomitano per arraffare i primi posti nel regno e così via. Le donne sono presentate soltanto per la grazia che ricevono e la tenerezza che offrono: venissero anche da una vita sciagurata.
  2. Che la Chiesa non può disporre dei sacramenti come le garba. Che Gesù Cristo forse era più aggiornato di noi e di molti sociologi e psicologi di oggi. Che trattava le donne con delicatezza, libertà e rispetto inusitati per il suo tempo e il suo ambiente. Che le voleva «promuovere» in modo inatteso, ma secondo la loro struttura ontologica, simbolica, somatica e spirituale. Eccetera. Eppure ha scelto uomini come apostoli.
  3. Che in gioco non è la dignità della persona. Per la Chiesa cattolica il ministero - lo dice la parola stessa - è un «servizio», non una dignità: il più grande di voi - afferma Gesù agli apostoli - sia colui che serve. Un cameriere, non un cliente magari di riguardo. E sarebbe strano esultare, da parte degli uomini, o far capricci, da parte delle donne, perché nella comunità ecclesiale queste ultime non vengono elevate al rango di sguattere da cucina.
  4. Perché Gesù non ha fatto prete sua madre? La questione è che Maria aveva ben altro da compiere che una funzione ministeriale. Era chiamata a dar la vita al Signore. E poi, parlando in modo raffinatamente teologico, la persona umana più vicina a Dio è una donna. Gesù era natura, non persona umana, ed era persona divina. Le donne nel Cattolicesimo non si sgolino a pretendere l'uguaglianza. Perderebbero una superiorità che hanno rispetto agli uomini.

       Dopo di che, non mi illudo affatto di convincere qualcuno. Inutile discutere tra interlocutori ciascuno dei quali ha un universo mentale parallelo o contrastante quello dell'altro. Occorrerebbe verificare le premesse di fede da cui si parte. Se uno non crede più nemmeno nel pancotto, che cosa può dire circa un problema posto dalla rivelazione divina? Al più si allinea a protestanti che del ministero hanno una concezione funzionalistica, non legata realmente a Cristo presente e agente nel sacerdote. Appunto: premesse diverse. E ciascuno si misuri con la norma della verità religiosa che ritiene giusta e ricerchi incessantemente.
       Alle sette signore che si ritengono sacerdotesse l'augurio di molto cromatismo e di una eleganza raffinata. Di un buon accompagnamento musicale, se gradiscono. Ma non si sentano necessariamente delle «arrivate».

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